Lotta alla povertà

Uscendo dal tunnel: il welfare per il post-Covid-19

Giuseppe Coco
Coordinatore del gruppo di lavoro "Lotta alla povertà"

La crisi sanitaria metterà a dura prova il sistema di welfare del nostro Paese. La struttura dei sostegni monetari a lungo termine è definita dal reddito di cittadinanza che, con i suoi innumerevoli difetti di equità e di incentivi, rappresenta comunque un presidio rilevante in questo momento. C’è da aspettarsi una recrudescenza del fenomeno della povertà, purtroppo concentrata nel Mezzogiorno d’Italia considerando che la maggior parte delle famiglie ‘a rischio di povertà’, ovvero appena sopra la soglia di povertà, sono nel Mezzogiorno.

Rimangono però grosse preoccupazioni per l’immediato considerando che le certificazioni per il reddito di cittadinanza si riferiscono ovviamente all’anno precedente. Al momento le risorse per fronteggiare la caduta dei redditi correnti sono state concentrate sugli ammortizzatori sociali di tipo assicurativo, generalizzando a tutti i dipendenti la CIG in deroga e aggiungendo i 600 euro per i lavoratori autonomi (800 nel decreto aprile). La seconda misura dovrebbe coprire una platea di lavoratori meridionali comparativamente più estesa. Ma al di là di questi ammortizzatori sociali, rimane l’esigenza di fornire liquidità temporanea anche a soggetti a rischio di povertà che non rientrano nei criteri del reddito di cittadinanza.

La crisi sanitaria pone problemi di tenuta sociale molto più ampi di quelli apparenti

Una misura aggiuntiva – il Governo parla di un reddito di emergenza - è necessaria perché la crisi sanitaria pone problemi di tenuta sociale molto più ampi di quelli apparenti. La sensazione di scollamento che può provocare in chi vive ai margini e perde una occasione di lavoro anche sommerso, può avere conseguenze drammatiche anche per l’ordine pubblico. Le misure già amministrate tramite i Comuni (buoni spesa) peraltro hanno già aiutato a disinnescare la bomba sociale.

Dobbiamo però essere coscienti che il Mezzogiorno non esce dal tunnel con sussidi a tempo indefinito, ma col lavoro. E’ quindi importante che questa misura aggiuntiva escluda tutti i beneficiari di altre misure e sia temporanea e ben delimitata nel tempo in maniera chiara. A queste condizioni il sussidio limitato può essere concesso anche con una documentazione minima, utilizzando lo strumentario del reddito di cittadinanza per l’erogazione.

Per quanto riguarda le misure di lungo termine lasciano molto perplessi le proposte di modifica dei criteri di accesso al reddito di cittadinanza di cui si sta discutendo: 

a) Eliminazione o attenuazione delle condizionalità di patrimonio, reddito e residenza;

b) Modifica delle scale di equivalenza per l’ISEE sia per l’accesso al reddito sia per la misura del sussidio per eliminare lo sfavore per nuclei famigliari più grandi;

c) Misure per favorire l’emersione, sbloccando velocemente la corresponsione del reddito di cittadinanza in caso di emersione di altro reddito e concomitante richiesta.

Con l’eccezione della c), la a) solo per quanto attiene la residenza e la b) per quanto attiene le scale per l’accesso al reddito, ma non per la misura del beneficio, queste modifiche potrebbero avere effetti ancor più devastanti sull’incentivo al lavoro e al lavoro nero nelle regioni meridionali. Atteso il fallimento della condizionalità in termini di accettazione di un’offerta di lavoro, che lascerà nella PA un piccolo esercito di 3000 cd ‘Navigator’, un piccolo omaggio alla religione delle politiche attive del lavoro in assenza di lavoro. Considerando che nel Mezzogiorno le retribuzioni medie nel 2016 (Istat, Rapporto Indicatori BES) superano di poco i 16mila euro (circa 1300 euro al mese) ci si chiede se una maggiore generosità del reddito renda possibile il mantenimento di un qualunque incentivo alla ricerca di un lavoro nel settore privato da parte di un individuo poco qualificato. Aumentare il beneficio in particolare corre il rischio oggi di esacerbare la sensazione di iniquità generata dal reddito di cittadinanza tra i lavoratori a basso salario in chiaro che si sentono defraudati esattamente in forza della loro operosità.

Il Mezzogiorno non esce dal tunnel con sussidi a tempo indefinito, ma col lavoro

Servizi per ridurre il divario d'opportunità

Per quanto eccezionale sia la situazione oggi non possiamo evitare di riflettere su quanto avverrà quando l’emergenza sarà finita. E la conclusione inevitabile è che il Mezzogiorno non può precipitare in una spirale di assistenza cronica, la via d’uscita è e rimane il lavoro, l’investimento, l’innovazione, l’istruzione, l’aumento della produttività. Compito dello Stato deve essere quello di mettere tutti in grado di partecipare.

Meglio di misure di trasferimento di somme monetarie addizionali, è concentrarsi sulle opportunità delle famiglie e in particolare dell’infanzia in stato di deprivazione. Trasferimenti in forma di beni e servizi, soprattutto legati all’istruzione e alla sanità, che diminuiscano il divario di opportunità. Recupero dell’abbandono scolastico attraverso incentivi e sanzioni, distribuzione di computer e strumenti digitali, assistenza diretta nel loro utilizzo ai fini scolastici. Un approccio attivo dei sistemi sanitari verso i più svantaggiati. Queste misure, peraltro produttive di posti di lavoro qualificati, sono quelle da realizzare al posto della solita distribuzione di ulteriori sussidi monetari che perpetua comportamenti opportunistici e rende definitiva la trappola della dipendenza.

Il dibattito su Merita

Merita promuove un dibattito su questi temi. In particolare sollecitiamo contributi su:

  1. natura ed effetti della nuova misura ‘temporanea’ (reddito di emergenza);
  2. modifiche possibili al reddito di cittadinanza;
  3. altre misure di welfare possibili e preferibili
La ripartenza: 5 cose da fare subito. Infrastrutture, Zes, lavoro, giovani, inclusione
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