Cambia, cresce, merita

Un nuovo Sud, in una nuova Europa

Perché oggi è così urgente rivolgere l’attenzione al nostro Mezzogiorno? Perché la questione meridionale rappresenta il campo obbligato da attraversare per pensare lo sviluppo del nostro paese.

L’ultimo tentativo di chiudere il divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord risale all’intervento straordinario degli anni ’50-70 che ebbe il merito di costruire infrastrutture fondamentali per il Sud – strade e autostrade, ferrovie, porti, reti elettriche, dighe e acquedotti, scuole, ospedali – e di accelerarne l’industrializzazione. Il divario in termini di Pil pro-capite calò di 10 punti percentuali nell’arco di venti anni e la crescita del Meridione potenziò il “miracolo economico” italiano. Ma da allora la forbice tra Sud e Centro-Nord non si stringe più e il divario è diventato sempre più inaccettabile:

  • il divario economico: il Pil pro-capite al 56% di quello del Centro- Nord, solo 44 persone occupate ogni 100 in età di lavoro contro 66 al Centro-Nord, oltre 1 milione di giovani tra i 15 e i 34 anni – un quarto di loro laureati - che sono emigrati negli ultimi quindici anni;
  • il divario sociale: il 34% di individui a rischio di povertà relativa, 1 milione 200 mila giovani che non studiano e non lavorano, risultati di apprendimento scolastico dimezzati, oltre 100 mila persone che ogni anno vanno a farsi curare negli ospedali del Centro-Nord.

Lo sviluppo del Mezzogiorno è interesse di tutta l’Italia:

  • la riduzione dei divari economici e sociali tra i territori è condizione necessaria del comune sviluppo economico e civile; si cresce tutti insieme, non gli uni contro gli altri.

La globalizzazione ci dà oggi una grande occasione storica:

  • il Mediterraneo ha una nuova centralità: nel commercio internazionale, grazie allo sviluppo delle economie asiatiche e al raddoppio del Canale di Suez; nei centri della crescita, per le grandi opportunità in Africa nei prossimi decenni;
  • l’Unione Europea vive nuove sfide strategiche: interazione alla pari con la Cina negli scambi e negli investimenti della Via della Seta, coinvolgendo l’India e gli altri Paesi asiatici; presenza forte in Africa con grandi investimenti per lo sviluppo;
  • si apre un ruolo fondamentale per l’Italia e per il suo Mezzogiorno: piattaforma produttiva, logistica e politica dell’Europa nel Mediterraneo.

L’Unità nazionale è essenziale per svolgere questo ruolo:

  • sì all’autonomia regionale come prevista dalla Costituzione per responsabilizzare gli amministratori verso i cittadini;
  • no alla frammentazione del Paese con l’appropriazione di risorse nazionali e l’esercizio di poteri di veto contrapposti.

Al Sud serve una svolta di responsabilità:

  • rispetto a un passato in cui da parte di istituzioni locali e classi dirigenti è prevalso un uso distorto e clientelare dei finanziamenti disponibili e si è favorita un’illegalità rassegnata.

Ma il Mezzogiorno non parte da zero, ricomincia da 3:

  • dai giovani – donne e uomini - meridionali, una generazione con capacità e competenze che chiedono di poter essere utilizzate nella loro terra;
  • dal risveglio della società civile, che fa comunità, fa cultura, fa impresa con modalità capaci di stare sul mercato facendo dell’etica una risorsa;
  • dalla vitalità del tessuto produttivo, con le tante imprese nate da imprenditori meridionali che occupano lavoratori meridionali, innovano e competono.

Un nuovo modello di sviluppo per il Sud, per l’Italia e per l’Europa:

  • una crescita sostenibile che abbia come obiettivo la qualità della vita della generazione presente e di quelle future;
  • la cura del capitale sociale per ricostruire il senso di comunità;
  • l’impresa, che investe risorse e mette in campo energie per produrre sviluppo;
  • il lavoro quale catalizzatore di identità della persona, di emancipazione e di riscatto.

Le cose da fare:

La qualità delle istituzioni per farle:

Un nuovo impegno straordinario per il Mezzogiorno:

  • 120 miliardi di investimenti pubblici aggiuntivi da qui al 2030 , applicando la regola del 34% di investimenti ordinari al Sud e spendendo bene e nel rispetto dei tempi i Fondi strutturali europei e il Fondo sviluppo e coesione;
  • 100 miliardi in più di investimenti privati da qui al 2030, come obiettivo della politica economica volta a riportare gli investimenti delle imprese al Sud ai livelli pre-crisi;
  • 1 milione 350 mila nuovi posti di lavoro entro il 2030, obiettivo necessario a dimezzare la distanza occupazionale dal Centro-Nord, specie nell’occupazione femminile.

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Il futuro del Sud è inscritto nel futuro d’Italia e d’EuropaLo sviluppo del Mezzogiorno e il superamento definitivo della questione meridionale è oggi più che mai interesse di tutta l’Italia.
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