17 marzo 2021   Articoli

«Pronti a vaccinare in azienda i dipendenti con i loro familiari»

Intervista a Marco Zigon di Gimmo Cuomo - Corriere del Mezzogiorno

«Pronti ad avviare la campagna di vaccini in azienda per immunizzare al più presto i dipendenti e i loro familiari». Non ha dubbi Marco Zigon, patron di Getra, gruppo industriale specializzato nella costruzione di trasformatori di potenza in alta tensione, con clienti in tutto il mondo. «Dobbiamo recuperare — sottolinea — il gap con chi si sta già rimettendo in marcia». Venerdì si concluderà la fase di ricognizione degli spazi aziendali disponibili. Poi, si spera, la partenza.

Ingegnere, Getra ha già aderito all'invito di Confindustria a partecipare alla campagna di vaccinazione in azienda. Perché è giusto farlo?

«Sì, abbiamo aderito alla cali di Confindustria perché condividiamo l'impegno a fare tutto il possibile per accelerare e rafforzare la campagna vaccinale nazionale. A questo invito abbiamo quindi dato seguito, partecipando alla mappatura degli spazi che le imprese possono mettere al servizio del paese in questa delicata fase. È giusto farlo perché il sistema delle imprese è parte vitale del territorio, una risorsa per la società. E lo faremo purché, è ovvio, ci vengano messe a disposizione stock adeguati di vaccini».

Quali rischi in termini di perdita di competitività potrebbero attualizzarsi, nel settore della componentistica per le reti elettriche e, più in generale nel settore industriale, in caso di ritardo nel completamento della campagna vaccinale?

«Le ripercussioni che il Covid 19 ha già determinato sulla realtà industriale ed economica del sistema Paese sono sotto gli occhi di tutti. E sono gravissime. Ma peggio ancora sarebbe non riuscire a recuperare rapidamente il passo con altri Paesi che hanno riavviato le loro economie, dopo la fase acuta della pandemia con efficaci campagne vaccinali. Gli Usa, la Gran Bretagna, Israele, parte dell'Asia hanno già, in buona sostanza, voltato pagina e si sono rimessi in marcia. Il rischio è quindi il verificarsi di un marcato disallineamento delle imprese italiane nello scenario della competizione globale. Un rischio che va superato tramite una accelerazione della campagna vaccinale che è la prima sfida che il governo Draghi sta affrontando. L'impegno è raggiungere l'80% di copertura entro settembre, come dichiarato ieri in una intervista dal commissario straordinario, generale Figliuolo».

In quale stabilimento avete offerto la disponibilità ad effettuare le vaccinazioni?

«In entrambi i nostri stabilimenti in Campania, in quello di Getra Power a Marcianise e in quello di Getra Distribution di Pignataro Maggiore. Devo aggiungere che da mesi l'intero personale impiegato nel Gruppo viene sottoposto a uno screening quindicinale mediante tamponi. Una misura che abbiamo voluto implementare per mettere in sicurezza le risorse umane su cui conta l'azienda come principale motore della sua competitività».

Le vaccinazioni in azienda saranno effettuate in deroga al criterio generale che prevede la progressione per fasce di età?

«È una questione sulla quale non compete a noi decidere, ma va senz'altro detto che le vaccinazioni saranno eseguite nel pieno rispetto delle norme e delle regole che il commissario straordinario e le autorità sanitarie promulgheranno. Ovviamente auspichiamo che siano procedure snelle e rapide da organizzare, per garantire una efficace messa in sicurezza di tutti».

Ha già un'idea sull'avvio concreto delle vaccinazioni?

«Tutto dipenderà dall'adeguato approvvigionamento delle dosi. Naturalmente ora c'è da risolvere la vicenda dei vaccini AstraZeneca, speriamo bene. Per quanto di nostra competenza, siamo comunque in grado di partire con le somministrazioni entro breve».

Saranno vaccinati solo i vostri dipendenti o gli spazi aziendali saranno disponibili per vaccinare anche cittadini dell'area?

«Tutti i nostri dipendenti. Ed eventualmente i loro familiari».

L'adesione delle imprese del Sud è stata relativamente bassa rispetto a quelle del Centro Nord. Perché anche in questo caso si registra un gap?

«Penso si debba al fatto che la maggior parte delle imprese meridionali sono piccole o piccolissime e mancano di spazi e organizzazione adeguata ad affrontare il tema. Quindi non credo che abbia influito un divario culturale, ma strutturale».

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