20 giugno 2020   Articoli

Una crescita "verde"

Pier Carlo Padoan - Il Foglio

Mentre si affilano le armi in Europa sul negoziato per il Recovery and Resilience Fund i Paesi cominciano a ragionare su come riempire di contenuti i programmi di riforma che dovrebbero giustificare l’accesso alle ingenti risorse previste dai nuovi strumenti nell’ambito di “Next Generation EU” (NGEU). Uno dei principali campi di applicazione di questa strategia è, o dovrebbe essere, quello dello sviluppo di una economia “verde”, Sorge quindi il problema di come definire un programma strutturale “verde” in grado sia di sostenere la crescita dell’economia (effetto macroeconomico) che la sua trasformazione verso la piena sostenibilità ambientale (effetto strutturale). Non è una esigenza nuova. All‘indomani dello scoppio della Grande crisi finanziaria del 2008/09 (GCF) diversi paesi hanno deciso di utilizzare i piani di sostegno fiscale di risposta alla crisi per riempirli di contenuti verdi, così da ottenere sia un impatto macroeconomico che un impatto ambientale. Recentemente l’Ocse ha diffuso un documento che ne fa una valutazione complessiva, utile in se ma soprattutto utile perché ne trae implicazioni per la lotta al coronavirus con una prospettiva verde.

Una prima lezione e che è necessaria una attenta valutazione ex ante degli effetti delle misure a sostegno della transizione verde. Valutazione che è in gran parte mancata nella risposta alla GCF. In secondo luogo gli effetti distributivi dovrebbero essere considerati con maggior attenzione perché potrebbero essere rilevanti.  In terzo luogo i modesti miglioramenti sul fronte dell’inquinamento successivi alla crisi sono stati generati dalla recessione e non dalla transizione verso il verde. Nell’esperienza della lotta alla GCF in altri termini sono emersi trade off tra obiettivi di sostenibilità ambientale, e obiettivi di crescita. Esempi della presenza di questi trade off sono il Green Deal della Korea del 2009 che produsse un impatto positivo sulla crescita ma con impatti non chiari sulla sostenibilità ambientale. E il meccanismo di rottamazione delle autovetture introdotto negli Usa che fu efficace nel ridurre le emissioni di CO2 ma con impatti molto limitati sulla crescita e impatti negativi sull’occupazione, (in quanto fece salire il costo unitario del lavoro). Trade off simili potrebbero valere anche nel caso della crisi attuale, probabilmente con dimensioni maggiori.

La crisi attuale, inoltre, vista la sua gravità, potrebbe spingere alla adozione di misure che peggiorano, almeno nell’immediato, la sostenibilità ambientale per cercare benefici di crescita. Le implicazioni da trarre per la strategia di uscita da covid19 sono quindi diverse. Occorre migliorare il contenuto green dei prodotti “acquistati” con le spese di investimento per alleviare l’impatto ambientale. Ciò richiede tra l’altro, collocare le innovazioni “verdi” in un contesto di economia “circolare”, in cui le diverse fasi, dalla produzione, al consumo al riuso siano tra loro collegate e rafforzate tramite incentivi (tassazione e regolazione) adeguati. E’ significativo da questo punto di vista, che il Parlamento Europeo abbia recentemente definito i criteri in base ai quali un investimento possa essere qualificato come “verde”.

Occorre, in secondo luogo, adottare una dimensione europea per definire costi e impatti degli investimenti in infrastrutture energetiche alternative e non. Occorre cioè una accelerazione del mercato interno dell’energia. Questo processo potrà essere facilitato dal fatto che, rispetto alla GCF il costo delle energie rinnovabili è significativamente sceso in confronto alle altre fonti e quindi ne risulta accresciuta la attrattività. Questo aspetto è riflesso anche nei rendimenti della “finanza verde” che negli anni recenti hanno registrato andamenti molto sostenuti.

Occorre, infine, completare la strategia con una prospettiva globale, per esempio attraverso una tassa verde europea, che avrebbe anche il pregio di accrescere le risorse proprie europee necessarie per finanziare Next Generation EU.

Il Green Deal era stato proposto come strategia centrale della crescita europea post GCF prima che scoppiasse la crisi covid19. Quest’ultima potrà fungere da acceleratore della transizione verde rispetto a quanto si potesse prima prevedere. Ma ciò non avverrà spontaneamente. Governi e istituzioni dovranno fare la loro parte nell’indirizzare risorse verso un nuovo sistema sostenibile. Paradossalmente, come segnalato in uno studio della Banca d’Italia, una maggiore incertezza macroeconomica prodotta da una uscita ritardata dalla recessione potrebbe invece rallentare la transizione verso tecnologie e fonti di energia più sostenibili. Anche per questa ragione non ci possiamo permettere di “sprecare una crisi”.

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