16 dicembre 2020   Convegni

Next Generation Italia - Un nuovo Sud a 70 anni dalla Cassa per il Mezzogiorno

Incontro on line martedì 15 dicembre con il Presidente del Consiglio Conte e il Commissario europeo all'Economia Gentiloni

Martedì 15 dicembre si è svolto, in diretta sui canali social di Merita, l’incontro "Next Generation Italia - Un nuovo Sud a 70 anni dalla Cassa per il Mezzogiorno", organizzato da Merita in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell'Università Luigi Vanvitelli.

Hanno partecipato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni,la Commissaria europea per la Coesione e le Riforme Elisa Ferreira, il Presidente di Cassa Depositi e Prestiti Giovanni Gorno Tempini, l'Ammininstratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri e il Presidente onorario di Merita Claudio De Vincenti.

Sono stati con noi, inoltre: Amedeo Lepore, Università della Campania Luigi Vanvitelli, Socio promotore di Merita, Gianfranco Nicoletti, Rettore dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli, Giuseppe Coco Università di Firenze e di Bari Socio promotore di Merita, Leandra D'Antone Università di Roma La Sapienza, Massimo Deandreis Direttore SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, Anna Finocchiaro Presidente di Italiadecide, Mario Mustilli Università della Campania Luigi Vanvitelli, Alessandro Pajno, Presidente emerito del Consiglio di Stato, Stefano Palermo Università telematica Pegaso, Sergio Zoppi Consigliere SVIMEZ, Gerardo Bianco, Presidente di ANIMI, Claudio De Vincenti, 

Hanno coordinato l'incontro: Enzo D'Errico Direttore “Corriere del Mezzogiorno”, Federico Monga Direttore “Il Mattino”e Alfonso Ruffo Direttore editoriale di "Economy".

Media partner: Corriere del Mezzogiorno, Il Mattino, Formiche.it, Radio Radicale, EconomyMag.

L'evento è stato trasmesso in diretta su www.facebook.com/AssociazioneMerita

 

 

Di seguito trovate il nostro Position Paper: “Next Generation Italia - Un nuovo Sud a 70 anni dalla Cassa per il Mezzogiorno”

Nell’agosto del 1950 venne istituita la Cassa per il Mezzogiorno. Nel corso dei suoi quarant’anni di storia, ha segnato le vicende dell’intervento pubblico in Italia nei territori meridionali.  

La Cassa, sorta dopo le distruzioni tragiche della Seconda Guerra Mondiale e l’opera di ricostruzione del Paese, ha avviato la sua attività in un contesto internazionale particolarmente favorevole, cogliendo i frutti di una forte sinergia con la Banca Mondiale e la Banca d’Italia. L’intervento straordinario, al contrario di quanto comunemente ritenuto, ha costituito nei primi venti anni della sua attuazione un efficace prototipo per le politiche di sviluppo e uno strumento di grande importanza per il decollo produttivo del Mezzogiorno e la crescita accelerata dell’intero Paese. Grazie all’impulso della Cassa, una tecnostruttura pubblica dotata di una speciale autonomia giuridica e di notevoli competenze interne, si è realizzato in quel primo periodo un modello originale di elaborazione e di intervento, che ha portato un contributo essenziale al dispiegamento del miracolo economico italiano.  

La Cassa, fino al 1957, ha sostenuto soprattutto iniziative di natura infrastrutturale, orientate a rafforzare gli effetti della riforma agraria nel Sud e a creare le precondizioni per l’attrazione di aziende produttive e dei relativi investimenti, mentre, a partire dal 1957 e in corrispondenza con l’avvio del processo di integrazione europeo, ha intrapreso il lungo e complesso cammino dell’industrializzazione meridionale. Merita di essere ricordato come la polemica sulle cosiddette “cattedrali nel deserto” fu contrastata da Pasquale Saraceno, che considerava, al contrario di una diffusa opinione, di fondamentale importanza l’impatto dei grandi impianti produttivi nel Mezzogiorno, capaci di realizzare l’idea di Paul Rosenstein-Rodan di una “grande spinta” a un’economia in condizioni di arretratezza. Anche se qui si deve rilevare un limite delle politiche industriali successive a quelle del primo ventennio della Cassa: l’insufficiente “fertilizzazione” del tessuto produttivo meridionale attraverso il consolidamento di un sistema di imprese guidate da imprenditori del Sud, in modo da mettere a frutto anche lo sviluppo delle attività sorte in quel periodo grazie alla presenza delle grandi imprese.

Gli effetti di quel big push favorirono una doppia convergenza tra il Nord e il Sud e tra l’Italia e i Paesi europei più avanzati. La golden age italiana fu caratterizzata da questo spirito pionieristico e dalla consapevolezza della reciprocità degli interessi delle due parti del Paese, particolarmente evidenti nei circuiti di creazione del valore e nell’organizzazione del sistema industriale. In questo modo, il periodo più florido dell’Italia rappresentò anche l’unico ciclo durante il quale si ridusse il dualismo e il Mezzogiorno realizzò un costante avvicinamento alle dinamiche economiche dei territori centro-settentrionali.  

Non mancarono, pur in questo quadro decisamente innovativo, limiti intrinseci all’intervento straordinario: forse il più rilevante fu la scarsa attenzione a politiche dedicate a sostenere la ricaduta delle iniziative economiche sul contesto culturale e sociale nei territori meridionali. Ci si affidava probabilmente all’idea che quella ricaduta sarebbe stata il portato automatico dello sviluppo produttivo e del radicamento dei nuclei manageriali e operai: ma così questi ultimi non riuscirono a fare adeguatamente sistema e innervare il complesso del tessuto sociale.

All’inizio degli anni Settanta, la fine del sistema di regolazione degli scambi varato a Bretton Woods e una congiuntura internazionale sfavorevole, a causa della crisi petrolifera, resero molto più impervia la situazione italiana e meridionale. Le modalità con cui si costituirono e operarono le Regioni e, più in generale, l’incursione nella Cassa e nell’intervento pubblico nell’economia di una politica interessata alla gestione diretta delle iniziative a fini di consenso, più che a una programmazione vera e propria, determinarono un blocco del circolo virtuoso dello sviluppo produttivo, dando inizio al Sud a una stagione di subalternità e assistenzialismo. Da allora in poi, cominciò l’inversione di tendenza che, tra utilizzi distorti delle risorse, dispersione delle competenze tecniche e assenza di controlli, portò a snaturare l’intervento straordinario e prese corpo quello che sarebbe diventato il declino del Mezzogiorno e, poi, del Paese nel suo complesso. Alla conclusione dell’attività della Cassa seguì una lunga fase di palesi contraddizioni o assoluta mancanza di strategie meridionaliste, con ingenti sprechi di risorse finanziarie e umane, scaturiti da una congerie di inefficaci politiche di “sviluppo locale”.  

La situazione attuale, dopo la crisi del 2008-2014 e la pandemia, si presenta molto difficile e frutto di una storia in cui è stata l’Italia intera a immettersi in un percorso regressivo, interrotto solo a tratti. Negli anni tra il 2015 e il principio del 2018, in virtù di alcune scelte innovative di politica economica a livello nazionale (come le task-force Stato-Regioni per la spesa dei fondi di coesione seguite poi dai Patti per il Sud, il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, l’utilizzo dei contratti di sviluppo per l’attrazione di imprese e gli interventi volti a ridare una prospettiva alle aziende in difficoltà) e di una maggiore consapevolezza sociale, si è assistito a un risveglio del Mezzogiorno, che sembrava preludere a un periodo di ripresa per tutto il Paese. Tuttavia, la scelta successiva di puntare nuovamente su strumenti tradizionali di sostegno al reddito e l’improvvisa deflagrazione della pandemia di COVID-19 hanno prima segnato una battuta d’arresto e poi riportato indietro la situazione, riproponendo una condizione di grave crisi e incertezza.  

A settant’anni dalla sua nascita, la storia della Cassa per il Mezzogiorno, dal successo dei primi venti anni di attività all’involuzione successiva, deve essere letta in chiave di “lezione”, non di riproposizione sic et simpliciter di un’esperienza di enorme valore, ma non rispondente alle mutate esigenze e al contesto attuale dell’Italia. L’obiettivo dell’iniziativa promossa dall’Associazione Merita - in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli - è quindi, oltre alla riflessione su una delle epoche più significative della nostra storia unitaria, quello di indicare una strategia valida per il presente. 

Diversi gli insegnamenti di quella lezione che tornano utili oggi. Innanzitutto, occorre fare tesoro del fallimento di politiche, come quelle subentrate all’indomani della chiusura della Cassa, basate su un ruolo dello Stato centrale di tipo prevalentemente redistributivo, che lasciava le scelte sull’impiego delle risorse nelle mani di un regionalismo e localismo anarchico e non di rado parassitario. Occorre, al contrario, recuperare l’ispirazione unitaria dell’intervento per lo sviluppo che fu propria della Cassa, ripudiando totalmente la logica di spartizione territoriale, a favore di una scelta dei progetti strategici che massimizzino l’impatto sulla crescita e la coesione del Mezzogiorno nel quadro della coesione di tutto il Paese. A differenza di allora, però, non si tratta di riproporre una politica meramente top-down, ma di impostare una ripresa di iniziativa centrale, in un rapporto di forte interazione con le istituzioni regionali e locali e di sollecitazione diretta alle forze produttive del Sud.  

Di conseguenza, nel quadro dell’impegno straordinario del programma Next Generation EU, va predisposta una governance straordinaria con un riordino degli strumenti di intervento pubblico nei territori meridionali, creando una forma essenziale di coordinamento tra gli enti che si occupano di Sud, investimenti e politiche di coesione (Agenzia per la coesione, DPCoe, Invitalia, Cassa Depositi e Prestiti, Mediocredito Centrale, ICE, Sace-Simest, Investitalia, MAE, ecc.), ricostruendo una tecnostruttura centrale e analoghi organismi in ambito regionale, che recuperino la capacità tecnico-amministrativa che aveva caratterizzato la stagione della Cassa. Una ripresa di capacità di governance da costruire valorizzando e aggiornando le lezioni dell’intervento straordinario, in particolare attraverso il rafforzamento delle competenze di direzione e coordinamento da parte del centro e l’indipendenza nella gestione degli interventi dalla politica, al di fuori di ogni “intermediazione impropria”: alla politica spettano le scelte di fondo, ma la loro realizzazione attraverso interventi specifici richiede autonomia e competenza tecnica.

L’obiettivo deve essere quello di cogliere l’occasione di Next Generation EU per costruire una politica di sviluppo e di inclusione che, collegandosi alle scelte di priorità dell’Unione Europea sull’innovazione digitale, sulla transizione ambientale, sulla sostenibilità sociale e sulla coesione territoriale, imprima un’accelerazione a misure selettive di tipo strutturale: non sussidi a pioggia generalizzati, ma una politica industriale di sostegno agli investimenti delle imprese, all’innovazione, alla crescita della produttività; investimenti pubblici in infrastrutture, digitalizzazione, risanamento ambientale e paesaggistico; salto di qualità nell’organizzazione del sistema educativo e di inclusione sociale.  

Questa politica deve avere carattere nazionale, nel segno dell’unificazione del tessuto infrastrutturale, produttivo, sociale del Paese. La diffusione delle imprese e del lavoro produttivo, la cura del tessuto e delle relazioni sociali sono i cardini sui quali fondare questa nuova prospettiva, l’unica capace di condurre fuori dalla crisi il Paese nel suo insieme.

Infine, una simile ripresa di iniziativa va collocata in uno scenario europeo che veda un’azione di coordinamento forte e risoluto tra poteri di indirizzo della Commissione e Governo nazionale, nella consapevolezza che la riconfigurazione in corso nei rapporti economici internazionali fa del Mediterraneo, sia dal punto di vista geopolitico che delle relazioni di scambio, la frontiera decisiva su cui nei prossimi anni si gioca il ruolo politico ed economico dell’Europa nello scenario globale. È un’occasione storica per il Mezzogiorno: costituire la piattaforma logistica e produttiva dell’Europa verso il Sud e l’Est del mondo, diventando il punto di riferimento di uno sforzo dell’Unione Europea verso lo spazio economico mediterraneo, fondato su una strategia di stimolo alla crescita e di connessione delle vie di comunicazione, dei traffici e delle popolazioni.  

In questa chiave, andrebbe anche esplorata la possibilità di un rafforzamento tecnico-operativo della Commissione con una struttura dedicata agli interventi nell’area euro-mediterranea, in grado di interpretare concretamente questo nuovo impegno europeo di sviluppo. Del resto, durante questa pesante crisi pandemica l’Europa sta riscoprendo i suoi valori fondativi e le ragioni di una rinnovata centralità nello scenario globale, attraverso una sfida di eccezionale portata per la ripresa della propria economia e il progresso della propria società, costruendo il futuro su basi del tutto nuove. L’Italia e il Mezzogiorno potranno rappresentare l’avamposto, non solo geografico, di questa fase inedita delle politiche europee, se saranno capaci di realizzare un percorso di profonde riforme e, contemporaneamente, di coerenti politiche di innovazione e di crescita.

 

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