01 maggio 2020   Rassegna stampa

Sgambati: «Sono preoccupato; siamo seduti su una polveriera, esploderà da lunedì in poi»

Intervista a Giovanni Sgambati di Simona Brandolini - Corriere del Mezzogiorno

II Primo Maggio del lavoro fermo o sospeso, quando c'è, perso, che è terribile. «Chi aveva quei pochi risparmi messi da parte, in 6o giorni se li è già bruciati. E ora? E ora dobbiamo tutti tenere gli occhi aperti», parola di sindacalista. Ché la Fase 2 mica vale solo per le aziende; anche per la criminalità, che mai s'è fermata, ma ora morde più di prima. E i più deboli tra i deboli. Il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato i dati sull'usura, crimine in crescita quasi del io per cento. Ieri s'è tenuto un incontro in Prefettura sui provvedimenti relativi al credito. E si è parlato appunto dell'allarme lanciato dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. Era presente anche il segretario regionale della Uil Giovanni Sgambati.

Se la criminalità arriva prima dello Stato c'è un problema. Quale?

«Uno dei limiti è la burocrazia. Quando parliamo di bonus o indennizzi parliamo di risorse pubbliche, giustamente sottoposte a verifiche. Ma l'erogazione non può essere così lenta. E non possono esserci, soprattutto errori». Quali sono i segnali che destano allarme? «Lo abbiamo detto al tavolo con il prefetto: massima attenzione ai cambi societari e ai movimenti bancari, perché molto spesso l'usuraio vuole quote della società. Gli investigatori devono stanarlo subito».

Lei rappresenta i lavoratori, moltissimi in cassintegrazione, altri senza lavoro. Che percezione ha del fenomeno?

«Molti lavoratori stanno aspettando i sostegni. Ma le grandi aziende che hanno potuto anticipare la cassintegrazione stanno pagando. Il problema nasce con i piccoli e medi imprenditori, con chi ha fatto richiesta di cassintegrazione in deroga».

Delle 8o mila richieste, la Regione ne ha già «processate» 35 mila, ma 1'Inps ne ha autorizzate forse la metà e pagate ancora di meno.

«Un problema drammatico, questo è il pericolo maggiore. Dopo sessanta giorni sono finiti quei pochi risparmi. Senza contare che in Campania già partiamo da condizioni complicate, al limite della tenuta, e quindi serve grande attenzione. Per esempio un altro fenomeno da te-nere sott'occhio è il proliferare di tanti Caf, non riconducibili ai sindacati. In barba a ogni criterio di sicurezza hanno svolto lavori di intermediazione, senza contare che potrebbero essere l'anello di congiunzione con l'illegalità. Bisogna svolgere funzioni ispettive serie».

Teme che la situazione al Sud possa precipitare?

«Sono preoccupato da quello che può succedere dopo il 4 maggio. Finora i divieti sono stati difficili da infrangere. Ma dal 4 maggio in poi bisogna tenere mille occhi aperti, potrebbero esserci situazione difficili da governare. La cosiddetta bomba sociale potrebbe esplodere. Ma accanto alla repressione, bisogna puntare sulla coesione e su politiche incisive».

Che giornata sarà quella di oggi?

«Un Primo Maggio da "o la borsa o la vita", mi lasci fare questa battuta. E noi siamo per la vita. Il tema è la sicurezza sopra tutto. Quella dei lavoratori e quella dei cittadini».

Un Primo Maggio, tra l'altro, da remoto.

«Una modalità sconvolgente per noi sindacalisti. Abituati come siamo ad essere prolissi, a discussioni lunghissime. Il mezzo invece ha bisogno di sintesi. Smart vuol dire agile, veloce. Con tutti i limiti che ci sono».

Pensa davvero che lo smart working possa essere il futuro?

«Non c'è dubbio che se la sicurezza è il pilastro dei mesi e degli anni a venire, le nuove tecnologie ci daranno una mano. Ma oggi ci sono dei limiti da superare. Il primo: mancano le competenze digitali, le attuali non sono adeguate al tempo che viviamo».

Oltre alla mancanza di armonizzazione tra vita privata e lavorativa.

«È vero, non si hanno più limiti di orari. All'opposto avremmo bisogno di ridurre l'orario per conservare posti di lavoro».

Cioé la futura battaglia del sindacato sarà: lavoro agile, sicuro e con orario ridotto?

«Senza dubbio. Il Primo Maggio è nato dalle battaglie per le otto ore. Oggi, se guardiamo a quale è la missione del sindacato, in cima alla lista c'è la riduzione dell'orario di lavoro, Smart o no. Ridurre a parità di salario, ovviamente».

Perché dovrebbe convenire ad un’azienda?

«Se lavori meglio e di meno produci di più. Conviene a tutti».

Il Covid-19 come inciderà sul già martoriato Sud?

«Finalmente l’emergenza ha seppellito la discussione puerile sulle autonomie regionali. E ha mostrato tutti i limiti e le debolezze della riforma del Titolo V. Il governo decide con le sue task force, ogni presidente di Regione fa sue le scelte e le indicazioni dei suoi comitati di tecnici. Una giungla. E aver delegato la sanità alle Regioni non è stato un bene. Serve una vera riflessione su questi temi».

Il 4 maggio riprendono cantieri e parte del manifatturiero. Non siete sempre stati d’accordo con gli imprenditori.

«Ma alla fine ci siamo ascoltati e abbiamo fatto sintesi. Tutti sappiamo che la sicurezza, mai come in questo caso, deve coincidere con il lavoro. Poi non tutti gli imprenditori eticamente sono lineari. E nessuno immagina che tutti i lavoratori siano impeccabili. Ma servono regole e protocolli chiari».

Cosa la preoccupa di più?

«Se non fosse rispettata la norma che prevede il 34 per cento degli investimenti pubblici al Sud. Non possiamo continuare a pagare di più le crisi economiche. È inaccettabile perché mina le precondizioni per lo sviluppo. La coesione nazionale è fondamentale per il futuro. Dobbiamo far prevalere l’ottimismo, perché può essere un’opportunità. Ma non ai danni dei meridionali».

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