13 giugno 2022   Articoli

Formazione e istruzione come volano per la competitività del Paese

Maria Rosaria Brunetti e Maria Ludovica Agrò

Quello che ci accomuna è la condivisione negli anni di importanti esperienze professionali nelle istituzioni della pubblica amministrazione centrale. A Maria Ludovica sono stati assegnati nel tempo incarichi di rilievo in Italia e a livello internazionale; si è occupata di politica industriale, di coesione territoriale e di sviluppo e crescita sostenibile. Molto impegnata sui temi della Responsabilità Sociale di Impresa e delle politiche di genere, ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti: è Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e Cavaliere al merito della Repubblica Francese. Oggi è fra l’altro Consigliere ministeriale al MIMS per l’attuazione delle ZES.
Con lei abbiamo avviato da tempo alcune riflessioni su una questione centrale per il nostro Paese: la formazione e l’istruzione come motori di sviluppo per la crescita competitiva e strumenti per superare il mismatching tra offerta e domanda di lavoro.
Fra i temi che la transizione verde e digitale ci pone con maggiore urgenza c’è sicuramente quello del lavoro e delle competenze. Non a caso sono i temi al centro delle scelte strategiche del Next Generation EU e dei PNRR nazionali e, a ben vedere, sono stati già posti all’attenzione di tutto il mondo anche dall’Agenda ONU 2030.

Come cambia il mondo del lavoro? 
Come in ogni cambiamento epocale non siamo in presenza di svolte rigide e tempestive ma piuttosto, di un processo le cui direttrici sono comunque già molto evidenti. Ed è un processo che coinvolge sia le nuove generazioni, la cui preparazione al futuro deve essere programmata con una forte visione prospettica, sia le generazioni già inserite nel lavoro che sempre più sono interessate da forti processi di obsolescenza professionale.
In questo quadro si colloca il gravissimo mismatching tra domanda e offerta del lavoro che, nel nostro Paese, sta assumendo proporzioni molto preoccupanti. Un fenomeno aggravato dalla costante riduzione della popolazione (le nascite tra il 2008 e il 2021 sono calate del 31%). Viviamo nella “assurda” situazione di una disoccupazione tra le più alte d’Europa e un numero elevatissimo di posti di lavoro non occupati per mancanza di disponibilità: un fenomeno che accomuna il Nord al Sud seppure diversa è la qualità del mismatch. È un paradosso che richiede iniziative urgenti; altrimenti si rischia l’innesco di un processo di rapido degrado che coinvolgerà tutto il sistema economico e sociale, non solo l’industria.

Come affrontare questo insieme di problemi immediati e prospettici? Come possono le imprese essere parte attiva non solo nella definizione degli orientamenti, ma anche nella gestione delle iniziative che con urgenza debbono essere messe in cantiere? Superare il mismatching tra offerta e domanda di lavoro è ineludibile se davvero si vuole concorrere attivamente alla trasformazione tecnologica e organizzativa del sistema produttivo e alla sua sostenibilità di lungo periodo. Gli strumenti disponibili per la gestione del mercato del lavoro (Centri per l’impiego, Agenzie, Anpal) sono utili se da ora in poi sapranno agire in maniera sinergica. Utili, ma non sufficienti perché il soggetto che in questa fase esprime con maggiore puntualità la qualità del lavoro necessario è l’impresa, il sistema economico e produttivo che quotidianamente si misura con le dinamiche del mercato globale. Il coinvolgimento attivo di questo soggetto è fondamentale, come ci insegnano le esperienze di altri Paesi europei e non solo.

In questo quadro gli ITS (ancora troppo limitati e disomogenei) sono una delle leve più interessanti perché, pur essendo a pieno titolo inseriti nel sistema formativo pubblico, presuppongono un ruolo strategico delle imprese attraverso la presenza nelle Fondazioni che li sostengono e soprattutto attraverso la presenza nella gestione di tutto l’iter formativo: definizione dei programmi di studio, erogazione di docenza tecnica e scientifica, promozione di esperienze professionali con   stage, assicurazione di inserimento lavorativo al termine dell’iter formativo.
E ‘necessario da ultimo, ma non per importanza, riflettere sull’azione delle Academy aziendali nelle filiere e nei settori. La questione di fondo è l’estensione di queste esperienze, ancora troppo marginali, nella gestione del mercato del lavoro.
Il rafforzamento di queste spinte non risolve tutto, e non può ovviamente essere considerata un’esaustiva risposta al problema del grave disallineamento fra domanda e offerta di occupazione ma quantomeno comincia a individuare un terreno di iniziativa per recuperare il ritardo nella gestione del mercato del lavoro. Va inoltre fatta una riflessione sulla giusta dimensione territoriale di queste iniziative; potrebbe essere più efficace ricercare la soluzione nel superamento di questa dimensione territoriale a favore di una visione almeno interregionale o nazionale in ottica di filiera lunga legata al fabbisogno di competenza e dalla produzione e non solo dalla vicinanza fisica.
 

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