04 marzo 2022   Articoli

L'Europa può cambiare l'ordine economico

Amedeo Lepore - Il Mattino

Mentre la pandemia non è terminata e i suoi effetti economici e sociali non sono affatto sotto controllo, è iniziata una guerra che colpisce con inaudita ferocia un Paese sovrano e il popolo ucraino, minacciando gravemente la sicurezza e il territorio dell’Europa. Economia e geopolitica si fondono nel più cupo degli scenari, diffondendo ancor più sgomento, confusione e incertezza. 

Le notizie e le immagini di questi giorni, le torve minacce di Putin di annessione territoriale e ricorso alle armi nucleari fanno parte della rappresentazione di un pianeta del tutto diverso da quello finora conosciuto. Ian Bremmer, quando scriveva di un “mondo G-Zero”, intendeva delineare un ordine globale in cui, per la prima volta dopo molti decenni, vi era un vuoto assoluto di leadership e, per questa ragione, si poteva pensare al peggio, come una crisi sanitaria generale, il crollo delle istituzioni finanziarie o “uno Stato nucleare canaglia con un’orribile sorpresa”. Egli, per fortuna, non si limitava a constatare una realtà gravida di pericoli, ma indicava come riprendere le leve del governo e della cooperazione internazionale per indirizzarle al bene comune.

Se oggi invita a individuare una via di uscita dall’escalation bellica, fatta di determinazione e saggezza dell’Occidente, bisogna ascoltarlo. L’Europa, in particolare, ha risposto con notevole compattezza e sanzioni di eccezionale portata, riuscendo ad aggregare anche la Svizzera, decisiva per quelle finanziarie. Qualcuno ha provato a sminuire questa scelta, sostenendo che le guerre non si fermano con le misure economiche. Eppure, di fronte all’incombere di interessi materiali immediati e di rischi ponderosi per l’economia europea, si è badato a evitare gli errori più seri di smarrimento, pavidità o inerzia. Infatti, la UE ha reagito con una mobilitazione di forze inedita e sta adottando interventi sempre più duri, culminati nel blocco selettivo del sistema dei pagamenti internazionali Swift, impedendo a un’ampia porzione del sistema bancario russo di compiere transazioni su scala mondiale. Inoltre, il congelamento delle riserve valutarie interne detenute dai Paesi più avanzati sta intaccando fortemente l’impiego di quei 640 miliardi di dollari che servirebbero da provvista per evitare la crisi.

Questo isolamento finanziario sta già comportando perdite esorbitanti per la Russia, che vede cadere a picco il rublo, chiudere le borse, raddoppiare i tassi d’interesse e fuggire i capitali. Vi sarà un tempo per approfondire e valutare gli sbagli passati e le divisioni dell’Europa, come del resto dell’Occidente, ma nella sfida attuale sta tornando a manifestarsi un protagonismo politico ed economico di questa parte del mondo, unico deterrente alla pervicace volontà espansiva e di conflitto di Putin. 

Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina si materializzeranno in tutto il loro rilievo lentamente, come nota Jason Furman, anche se i mercati finanziari hanno reagito prontamente, con la discesa del principale indice dei titoli azionari (MSCI ACWI) al livello più basso in un anno, l’aumento del prezzo del petrolio a oltre 100 dollari al barile e l’incremento iniziale dei prezzi del gas naturale europeo di quasi il 70%. L’economia mondiale e, soprattutto, quella europea si troverà ad affrontare tre problemi di fondo, complicati dall’offensiva bellica, che inasprisce la crisi energetica, acuisce l’inflazione e riduce la disponibilità di prodotti alimentari, a cominciare da grano, mais e soia. In ogni caso, secondo Furman, “a lungo termine, la Russia sarà probabilmente il più grande perdente economico del conflitto”. A sua volta, Nouriel Roubini, è convinto che quattro nuove potenze (Cina, Russia, Iran e Corea del Nord) stiano conducendo un attacco al lungo predominio degli Stati Uniti e all’ordine internazionale guidato dall’Occidente dopo la seconda guerra mondiale. In questo contesto, è cominciata “una depressione geopolitica che avrà enormi effetti economici e finanziari ben oltre l’Ucraina” e che potrebbe sfociare in una recessione stagflazionistica generale. Roubini mette in guardia contro il rischio che mercati e analisti politici sottovalutino le implicazioni di un ribaltamento geopolitico, commettendo lo stesso drammatico errore di quando quasi nessuno si rese conto dell’approssimarsi del primo conflitto mondiale. 

Speriamo, dunque, di non dover ripercorrere i ricordi dolorosi di Stefan Zweig, quando invocava, al cospetto delle lacerazioni della guerra, “il mondo di ieri”. L’idea della collaborazione, nel periodo tra le due conflagrazioni globali, si frantumava e spariva dalla scena, dando spazio al ripiegamento in dittature spietate. Ora, al contrario, se l’Europa continua a svolgere il suo ruolo, può essere interprete fondamentale di un mondo del domani migliore.

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Economia

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