01 novembre 2022   Articoli

L'incerta agenda economica

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

I discorsi alla Camera e Senato del Presidente del Consiglio hanno chiarito alcune cose sul piano politico. Di sicuro c’è che è di destra, con una forte impronta identitaria ma anche con una fortissima enfasi sulla libertà come valore fondante. La Meloni non è fascista e il nostro sistema di alleanze internazionali, compresa l’appartenenza alla Unione, non sembra a rischio. Non sono a rischio anche le libertà e i diritti civili, e i sospetti ventilati su un arretramento sulla parità femminile cadono nel ridicolo a fronte dei fatti. Stranamente molti sottolineano i tratti identitari dei discorsi a Camera e Senato, soprattutto al fine di replicare con sempre maggiore insistenza l’invito al PD a approfondire i propri tratti identitari. A me sembra invece che la lezione sia opposta, se c’è un fattore che spiega il successo della Meloni sta nella capacità di cambiare e rendere meno credibili le accuse di fascismo, sciovinismo, razzismo, maschilismo che non piacciono alla massima parte della popolazione italiana. 

Il programma economico di Giorgia Meloni francamente è ancora alquanto incerto. Se l’impronta libertaria e liberista fosse autentica, questa sarebbe oggettivamente una svolta importante che costringerebbe tutte le forze, anche del campo avverso, a una riflessione chiarificatrice sulle proprie priorità di politica e politica economica. Ricordiamo però che formalmente anche gli esecutivi di Berlusconi erano liberisti e antistatalisti, ma di fatto la spesa pubblica è aumentata molto di più durante quei governi che durante quelli di sinistra. Quindi l’affermazione del Presidente andrà testata sui fatti.

Le prime misure annunciate però preannunciano il solito liberismo all’italiana, quello delle facilitazioni dell’illegalità. L’aumento del tetto sul contante è storicamente una bandiera della destra nostrana, ma purtroppo è indiscutibile che favorisca l’evasione fiscale. Il legame peraltro è stato dimostrato da un lavoro della Banca d’Italia dell’anno scorso. Molto dipenderà comunque dalla misura dell’innalzamento. Soglie ventilate a 5 o 10mila euro saranno interpretate anche come un preciso segnale agli evasori e avranno effetti devastanti. Altrettanto preoccupanti sono le voci di un condono fiscale. Ma anche in questo caso le modalità potrebbero fare la differenza tra la rispondenza a una parte dell’elettorato di riferimento e l’irresponsabilità totale.

Lo stesso discorso vale per le richieste della Lega in materia di pensioni e per le compensazioni sulle bollette. Sul primo capitolo dobbiamo ricordare che l’Italia è il paese che ha la più elevata spesa pensionistica su PIL in Europa insieme alla Grecia (guarda che casualità!). Ed uno dei pochissimi paesi in cui il reddito mediano dei pensionati è superiore a quello delle persone in età lavorativa (OCPI). A pesare moltissimo sono ovviamente le irragionevoli regole pensionistiche vigenti fino agli anni 90 (ma valide poi per un lunghissimo tempo in omaggio alla follia dei diritti acquisiti), che hanno consentito a intere generazioni di godere per periodi lunghissimi di pensioni molto simili ai loro ultimi stipendi. Un capitolo particolarmente curioso sono le regole di reversibilità la cui singolare generosità genera da sola una differenza di circa un punto di PIL di spesa aggiuntiva rispetto alla media UE (UPB).

Più di un terzo della spesa pubblica (quasi il 17 per cento del PIL) è spesa pensionistica e questo spiega in massima parte anche perché la spesa pubblica pro-capite è maggiore al centro-nord rispetto al sud (non perché lo Stato è cattivo e odia i meridionali). E spiega anche perché sia la Lega che tradizionalmente preme per la generosità sulle pensioni. In queste condizioni una modifica delle regole di pensionamento può solo essere concepita a spesa di lungo periodo invariata, il che significa che una eventuale flessibilità sull’età di pensionamento dovrà essere perseguita con modifiche consistenti degli assegni. Questo se vorremo investire in sanità ed istruzione, cioè una volta tanto sui figli anziché sui nonni.

Per quanto riguarda le bollette, nonostante la retorica imperante sui mezzi di comunicazione, siamo già tra i paesi che hanno concesso più compensazioni e in maniera più tempestiva nella UE. Il price cap, che finalmente l’Unione ha deliberato dopo mesi di pressioni da parte del governo Draghi, ha già riportato il prezzo del gas a livelli più bassi (anche se ancora elevati), che si rifletteranno sulle bollette prima della fine dell’anno. Sarebbe gravissimo utilizzare in maniera massiccia i fondi della coesione o quelli del PNRR che devono finanziare per la prima volta da decenni investimenti sulla trasformazione del sistema economico del paese e del sud, per altri scopi. Sarebbe una storia già vista- ogni volta gli investimenti si faranno in futuro perché oggi c’è una emergenza- che segnerebbe la fine di ogni progetto di ripresa per il nostro paese.

In ultima analisi si tratta di scegliere tra responsabilità e irresponsabilità, tra investimenti e compensazioni e tra il futuro e il passato. Speriamo bene.

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