25 luglio 2023   Articoli

L’anomalia della ZES unica del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Riparte l'Italia

Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha dato il via libera su istanza del governo italiano alla instaurazione di una Zona Economica Speciale unica in tutto il Mezzogiorno. 

Per capire le potenziali conseguenze e fornire una valutazione esaustiva dell’operazione bisognerà aspettare una Legge apposita che la istituirà, le modalità di governo della (o delle) nuova ZES e di coordinamento con la normativa attuale e le ZES esistenti. 

In ogni caso dovrebbe trattarsi di una rivoluzione. Arriva in un momento delicato perché le ZES (o almeno alcune di esse) stanno finalmente funzionando almeno sul piano delle autorizzazioni e degli investimenti privati. 

Questo anche grazie ad un ampliamento delle agevolazioni fino a limiti anche discutibili, ma soprattutto alla nuova struttura di governance voluta dal governo Draghi con la nomina di Commissari Straordinari che hanno reso efficaci gli strumenti detti. 

La principale caratteristica che gli investitori internazionali ricercano quando decidono la locazione di un impianto industriale è infatti la certezza di avere un interlocutore unico e credibile.

In questo quadro la nuova ZES Mezzogiorno come si colloca? Non avendo trovato indicazioni sulla modalità con cui si instaurerebbe, si possono immaginare alcune soluzioni diverse che provo a enucleare. 

Soluzione 1. ZES Unica Aggiuntiva. Le ZES esistenti che gestiscono piccole porzioni di territorio di interesse industriale (e che dovrebbero essere connesse ad un porto di rilievo) rimangono intatte, e se ne aggiunge una per tutto il territorio residuale del Mezzogiorno. Una mega ZES addizionale dalla Sicilia al Molise governata necessariamente dal centro, con una mega autorità probabilmente situata in una città dove non c’è già una autorità ZES locale, forse a Roma. 

Soluzione 2. ZES Regionali Aggiuntive. Una seconda possibilità è che si creino delle ZES regionali, lasciando sempre intatte le ZES esistenti. In questo caso le Autorità ed i relativi Commissari si instaurerebbero come emanazioni della Presidenza del Consiglio nei capoluoghi di regione.

Soluzione 3a e 3b. ZES unica sostitutiva o regionali sostitutive. In questo caso le ZES esistenti cessano di operare e le loro funzioni vengono trasferite. 

Partiamo da quest’ultima soluzione. Si tratterebbe a mio parere di un grosso errore per almeno due motivi. Da un lato porrebbe tutti gli investitori che hanno già richiesto autorizzazioni e avviato interlocuzioni di fronte a nuovi soggetti, confermando l’inaffidabilità della Pubblica Amministrazione italiana e la instabilità istituzionale che la caratterizza. 

Dall’altro questa soluzione cancellerebbe il disegno di politica industriale alla base delle ZES. Esso, infatti, prevedeva la centralità dei porti e delle infrastrutture di collegamento come elemento cardine di una politica industriale di reshoring e reinserimento nelle nuove catene del valore ‘regionalizzate’. 

Questo elemento è stato messo in ombra dalla programmazione delle regioni che di fatto hanno diffuso le ZES esistenti su tutto il territorio, un tanto ciascuno, per ragioni di distribuzione di consenso. Con la cancellazione delle ZES esistenti e la centralizzazione regionale o sovraregionale questo disegno cadrebbe integralmente. Per queste ragioni ritengo che una riforma così radicale di una cosa che ha cominciato a funzionare sarebbe irrazionale.

I due modelli incrementali sono sicuramente più razionali. 

Tuttavia anche in questo caso vanno evitati errori importanti e si pongono problemi di grossa portata. Il modello nazionale porrebbe un problema di gestione francamente oltre le capacità di chiunque. Immaginate che il Commissario Straordinario in questo caso avrebbe giurisdizione con potere di autorizzazione unica sull’intero territorio del Mezzogiorno, con una correlata necessità di volta in volta di coordinare conferenze dei servizi di migliaia di autorità territoriali. 

Servirebbe una struttura amministrativa di proporzioni notevoli e sinceramente non appare probabile il successo di una struttura simile. Una via praticabile sarebbe limitare la sua competenza a poche tipologie di investimenti, che sono in effetti quelli per cui le ZES sono nate. In questo caso si tratterebbe di un numero di autorizzazioni limitato e gestibile, sempre con una struttura adeguata.

Il modello ‘regionale’ invece soffrirebbe meno di questo gigantismo e problema di gestibilità ma porrebbe senz’altro un problema di attrito con le autorità regionali. Una autorità così potente di livello regionale ma sotto il cappello della Presidenza del Consiglio non può che aumentare i conflitti istituzionali. Peraltro sarebbe contraria all’idea della ZES unica del Mezzogiorno.

C’è qualcosa di anomalo nel tentare di estendere al tutto quello che per definizione dovrebbe essere ’speciale’, come una Zona Economica Speciale. Se riteniamo che l’unico assetto istituzionale che funziona è quello che delega ad un Commissario Straordinario tutti i poteri di coordinamento e autorizzazione della pubblica amministrazione nazionale e territoriale, la strada maestra è quella del cambiamento dell’assetto dei poteri ordinari, non la istituzione di una Zona ‘Speciale’ che però copre l’intero territorio del Mezzogiorno. 

Per alcuni buontemponi poi essa dovrebbe essere estesa a tutto il territorio nazionale. L’esperienza a questo proposito non è peraltro consolante. L’istituzionalizzazione e l’estensione di una specialità al tutto, necessariamente ‘normalizza’ lo speciale piuttosto che rendere straordinario il normale.

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Economia

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