29 agosto 2022   Articoli

La vera sfida non è nelle urne

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Nel suo discorso al Meeting di Riccione Mario Draghi ha ricordato che l’Italia persegue meglio i propri interessi all’interno del complesso di relazioni cui partecipa e che ha contributo a fondare, date le innumerevoli maniere in cui è legata ai paesi alleati e la condivisione dei valori e degli obiettivi fondamentali. Non ha spiegato che oltre a questo, ci sono fatti che rendono impossibile oggi il perseguimento degli interessi nazionali in isolamento.

Quali sono le questioni fondamentali per il futuro del nostro paese da un punto di vista economico?

Ognuno ha visioni differenti al proposito. Di certo il nostro debito e la scarsa crescita sono prominenti tra i nostri problemi anche se nemmeno questi temi sembrano centrali nella campagna elettorale. Se adottiamo però una prospettiva complessiva e di lungo periodo, la prima cosa che appare chiara è che le sfide principali che ci attendono non hanno una dimensione nazionale. 

In altri termini, al contrario di quanto sembrano pensare i telegiornali, non saranno le nostre elezioni l’evento più importante per la nostra collettività nei prossimi anni, ma una quantità di decisioni prese in tutto il mondo da diversi agenti e popolazioni. O addirittura decisioni non prese da nessuno in particolare sulle quali comunque la nostra collettività non ha alcun potere di influenza.

Le principali sfide, minacce ed opportunità che fronteggiamo infatti hanno ormai una dimensione globale in cui le nostre azioni non sono determinanti, ma possono contribuire a modificare l’esito solo in un’ottica collaborativa. C’è un certo consenso su queste sfide. Da un lato abbiamo una transizione tecnologica che potrebbe avere caratteri completamente diversi da quelle del passato. Le nuove imprese della comunicazione digitale hanno caratteristiche strutturalmente diverse, tendono a diventare monopolisti su scala globale in tempi abbastanza brevi e a generare ricavi delocalizzati in misura del tutto scollegata ai loro costi di funzionamento. Soprattutto richiedono pochissimo lavoro e solo di altissima qualità, non laureati o dottorati in generale, ma solo i migliori tra essi. 

Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, alle porte ormai, anche le professioni più sofisticate possono essere sostituite. L’innovazione stessa potrebbe smettere di essere una attività umana (se volete perdere il sonno leggete lo speciale dell’Economist, oppure il notevole libro di Harari sulle sfide del XXI secolo). Questo implica la fine del lavoro, almeno come lo abbiamo conosciuto finora. Le conseguenze possono essere straordinarie se i benefici saranno distribuiti, ma anche terrificanti se le organizzazioni che detengono le chiavi di queste potenzialità le useranno indefinitamente come asset proprietari.

La seconda sfida è quella ecologica e non mi soffermo sulla sua centralità. Se le previsioni della maggioranza degli scienziati è corretta siamo già oltre la soglia di tolleranza e questo senza contare che nei prossimi decenni, per i benefici effetti della globalizzazione, alcuni miliardi di persone avranno stili di vita e di consumo simili a quelli occidentali con una impronta ecologica analoga. La nostra probabilità di influire su uno di questi capitoli in isolamento è zero. Possiamo solo contare come membri di una aggregazione multinazionale di rilevo globale, come l’Unione Europea, con cui condividiamo valori fondamentali e una storia. Vale la pena di sottolineare che le due priorità di sopra corrispondono alle priorità del PNRR. 

Modificare o ricontrattare sostanzialmente il PNRR nella sua struttura è impossibile quindi per un motivo preciso. Perché il PNRR esiste per affrontare queste due priorità in collaborazione. E serve, principalmente, a fornire strumenti finanziari per affrontare queste transizioni, in particolare ai paesi che delle risorse aggiuntive potrebbero faticare a trovarle, ovvero in primis l’Italia. Gli altri paesi, con poche eccezioni, potevano finanziarsi la transizione da soli.

L’Europa con la sua tradizione di Stato Sociale e di inclusione può mostrare la strada in un progressivo processo di socializzazione dei benefici dell’automazione e della IA. Allo stesso modo può indicare la strada dell’abbattimento delle emissioni e contemporaneamente pesare nella contrattazione delle quote di emissioni delle altre aree. Nessun singolo paese europeo, e di certo non l’Italia, che sul piano dell’innovazione e della ricerca, ma anche più in generale della istruzione superiore è senz’altro in pesante ritardo, può influire in alcun modo.

L’idea di tutelare gli interessi nazionali o di coltivare un orgoglio nazionale non è di per sé sbagliata. Il problema è che i nostri interessi nazionali ormai non sono più tutelabili a livello nazionale. Il modo più sicuro di tutelare gli interessi nazionali nel futuro è senza dubbio quello di essere rilevanti all’interno dell’Unione Europea, come membri autorevoli. Per questo è ancora più importante oggi scegliere leader credibili come Mario Draghi.

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Economia

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