L'economia dei distruttori creativi
Amedeo Lepore - Il Mattino
La decisione dell’Accademia svedese delle scienze di assegnare il premio Nobel a uno storico economico, come Joel Mokyr, e a due illustri economisti, quali Philippe Aghion e Peter Howitt, è di grande rilievo, non solo per le personalità prescelte, ma per le motivazioni adottate.
Nel primo caso, il premio è stato conferito, in sintesi, “per aver spiegato la crescita economica guidata dall’innovazione”, nel secondo, “per la teoria della crescita sostenuta attraverso la distruzione creativa”. Due temi di grande valore e vicini tra loro, che richiamano le teorie dello sviluppo del dopoguerra e la teoria dei cicli economici, in tutta la sua portata sistemica. L’Accademia li inquadra valorizzando proprio la storia economica e la sua funzione: “Negli ultimi due secoli, per la prima volta nella storia, il mondo ha assistito a una crescita economica sostenuta. Ciò ha fatto uscire dalla povertà un gran numero di persone e ha gettato le basi della nostra prosperità. I vincitori di quest’anno per le scienze economiche spiegano come l’innovazione fornisca l’impulso per ulteriori progressi”.
Infatti, la rottura rappresentata dalla rivoluzione industriale inglese si è manifestata nella sua capacità di risolvere quello che appariva all’epoca il principale problema dell’umanità: l’incapacità di sostenere con la disponibilità dei generi di maggiore necessità una popolazione che cresceva a un ritmo molto superiore (geometrico) rispetto a quello della produzione (aritmetico). Il superamento della “trappola malthusiana”, grazie alla formazione delle fabbriche e all’inserimento delle innovazioni tecnologiche di allora (le macchine) nel processo produttivo, fu dovuto al passaggio da un semplice incremento della produzione, che non riusciva a tenere il passo con la domanda, a un aumento della produttività, che metteva l’offerta nelle condizioni di rifornire di beni essenziali una popolazione in forte crescita.
È dalla fine del Settecento che è iniziata l’evoluzione del capitalismo industriale, con il grande merito di modernizzare l’economia, al tempo stesso, soddisfacendo bisogni di fondo e migliorando il benessere dell’umanità. Se a questa considerazione si affianca il significato della “distruzione creatrice”, come spinta all’innovazione del sistema economico e alla riconfigurazione dei suoi processi di trasformazione, non si richiama solamente l’insegnamento di Joseph Schumpeter, ma si comprende perché la crescita non può procedere senza scosse, in un mondo solo virtuale di perfetta concorrenza. Infatti, sono i soggetti economici – le istituzioni, le imprese e i lavoratori – a determinare insieme le prospettive di avanzamento di un contesto produttivo e, in generale, di una società.
In un mondo che, ormai, vive di squilibri, sussulti e veri e propri conflitti, gli studi di questi tre scienziati possono essere di notevole aiuto per capire le origini e l’evoluzione di questi fenomeni e assumere alcune chiavi interpretative utili a costruire una nuova prospettiva di apertura, innovazione e progresso. Perciò, il conferimento del premio di quest’anno è particolarmente importante e in sintonia con i tempi.
Anche il ricorrente argomento di Mokyr, che ha posto al centro dei processi di cambiamento il ruolo della conoscenza, è di grande ausilio per la comprensione dell’orizzonte verso cui deve orientarsi il mondo. Piuttosto che rilevare stagnazione e decrescita, l’Accademia svedese ha voluto mettere in risalto il fondamentale valore della crescita, sostenendo la necessità di un nuovo modello basato sull’innovazione: “La tecnologia avanza rapidamente e ci riguarda tutti, con nuovi prodotti e metodi di produzione che sostituiscono quelli vecchi in un ciclo senza fine.
Questa è la base per una crescita economica sostenibile, che si traduce in un migliore tenore di vita, salute e qualità della vita per le persone in tutto il mondo”. Da un premio Nobel così attuale, ma fondato sulla storia e sul pensiero economico, si possono prendere le mosse per riavviare il motore della crescita, contro un destino di crisi e ripiegamento che non è affatto ineluttabile, provando a realizzare un assetto inedito della politica e dell’economia globale.
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