05 maggio 2020   Articoli

Investire sull'industria 4.0

Luigi Carrino - Repubblica Napoli

La prima e più importante considerazione da fare, a proposito di una praticabile via d'uscita dall’emergenza covid-19, è certamente relativa alla tutela della salute di tutti i cittadini, quindi anche dei lavoratori delle imprese manifatturiere.

 Quest’obiettivo deve essere senza dubbio prioritario, ma va conseguito attraverso la massima attenzione alla sostenibilità economica di imprese e famiglie, per evitare che alla fine ci si ritrovi con un flagello altrettanto grande del contagio virale, rappresentato da elevatissimi tassi di disoccupazione e da una recessione insostenibile. A tale riguardo vorrei proporre alcune riflessioni su come è stata gestita finora la crisi, in particolare in relazione al blocco produttivo dell'Industria manifatturiera.

Primo aspetto critico: essere ricorsi al blocco pressoché totale delle imprese senza tener conto dell’enorme serbatoio di tecnologie di cui le stesse imprese sono da tempo dotate e che potevano essere utilizzate sia per monitorare spostamenti che per verificare lo stato di salute dei dipendenti, senza bloccare le attività industriali. Alcune di queste soluzioni tecnologiche, utilizzate quotidianamente nelle nostre imprese per gestire sistemi e processi produttivi, potevano (e possono), con un piccolo sforzo, essere adattati alla sorveglianza sanitaria, anche nell'interesse delle singole persone. Mi riferisco, ad esempio, ai braccialetti tipo smart watch da fornire ai lavoratori, con i quali misurare temperatura, saturazione dell'ossigeno e frequenza del battito. Costo? Qualche decina di euro. Una spesa che avrebbe permesso di raccogliere informazioni interrelate con una semplice logica di intelligenza artificiale, allo scopo di restituire un dato aggregato sufficientemente indicativo per sottoporre a controllo le persone sospettate di essere state infettate.

Quanto alle misure a sostegno delle imprese, va rimarcata l'inadeguatezza degli interventi a supporto della loro liquidità sia per risorse che per regole di erogazione: basta confrontare i provvedimenti italiani con quelli di altri paesi industrializzati simili al nostro. Per l'eccessiva lungaggine delle istruttorie bancarie, in Italia rischiamo che arrivino risorse insufficienti e che arrivino troppo tardi.

In prospettiva, occorre evitare un effetto da "torre di Babele" delle decisioni. Abbiamo visto che nel nostro Paese ci si dibatte da settimane tra provvedimenti contraddittori, se non in conflitto, tra Governo centrale e Regioni e tra Regione e Regione. Aver deciso i blocchi delle attività per codici Ateco, senza considerare la stretta relazione esistente tra settori diversi - vale a dire senza tenere nel dovuto conto che le filiere produttive sono fortemente interrelate sia a livello verticale sia a livello orizzontale - non è stata la migliore delle soluzioni. Come pure tenere aperte le aziende dell'aerospazio e chiuse le aziende dei materiali, della manutenzione, delle macchine e dei sistemi di produzione, eccetera.

Va rimarcato infine come altamente probabile che l'idea di sviluppo che ci aspetta dopo la crisi è ben diversa da quella che abbiamo lasciato all’inizio della pandemia. L’innovazione assumerà un ruolo ancora più decisivo e, pertanto, la spinta verso l’industria 4.0 dovrà essere di molto aumentata, con incentivi alle imprese per la riprogettazione dei processi e delle linee produttive. In futuro la collaborazione tra ricerca e imprese dovrà essere fortemente sostenuta, come del resto ha fatto la Germania durante la crisi economica degli scorsi anni, investendo moltissimo sulle nuove competenze del capitale umano.

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