08 dicembre 2020   Articoli

Dopo il trauma una ricostruzione educativa

Marco Rossi Doria - Repubblica Napoli

Durante questa pandemia, in Campania - per ragioni complesse che non intendo qui esaminare – i bambini e le bambine della scuola d’infanzia e della scuola primaria, dai 3 agli 11 anni, hanno svolto meno giorni di scuola di qualsiasi loro coetaneo in Europa e in Italia e il ritorno alla normalità è più lento che altrove.

E’ un dato di fatto doloroso, una ferita vera, ancor più in una regione con un alto tasso di povertà minorile e di povertà educativa.

Siamo tutti chiamati a pensare a come, nel tempo che avremo davanti, poter rimediare a questa ferita. E, per poterlo fare, dovremo dismettere i modi della polemica per abbracciare quelli della cura e della ricostruzione. Tutti: decisori pubblici, dirigenti scolastici, insegnanti, genitori, educatori, terzo settore, parrocchie, cittadinanza. 

Ma a cosa dobbiamo rimediare? A una brusca, prolungata cesura durante un tempo della vita umana nel quale - per la natura stessa dell’età evolutiva – le settimane sono importanti quanto gli anni durante l’età adulta. Nell’età della prima e seconda infanzia, infatti, l’acquisizione del senso del mondo e di sé stessi ha bisogno di un flusso – costante, ripetuto e amico – che sviluppa le qualità individuali insieme alla scoperta della socialità e degli affetti fuori dal guscio di casa e sedimenta le basi per l’avventura dell’apprendere. E’ un tempo concentrato, intenso, in una fase estremamente ricettiva che riunisce, nel volgere di pochi anni – in modo sinergico - la costruzione emotiva, identitaria e sociale (Socio-Emotional Learning) con le capacità socio-cognitive (auto-controllo, autostima, motivazione, curiosità) che, insieme, creano ogni premessa per buoni risultati scolastici e, poi, per poter partecipare da cittadini alla realizzazione sia di sé stessi che della comune ricchezza.

Per poter garantire questa stagione ricostruttiva ai nostri bambini, dobbiamo poter condividere una consapevolezza sulla magnitudo di quel che è avvenuto. Bisogna essere chiari su questo. Il dibattito internazionale sul carattere del danno durante questi mesi ci dice che non si tratta di un po’ di socializzazione in meno e di un po’ di quel che una volta si chiamava “programma scolastico”, fatto peggio perché a distanza o non fatto e da recuperare. Si tratta di un evento traumatico che produce esiti di lungo periodo sia in termini di danni che di resilienze, per fortuna, attivate. Cose che cambiano la prospettiva di una generazione. Una cosa tanto più vera e potente quanto più – attenzione – si vivono, da piccoli, altre lacerazioni: la povertà materiale, la mancanza di opportunità nel quartiere, la fragilità nella guida adulta, ecc.

Dunque, la ricostruzione educativa dovrà accompagnare i prossimi mesi insieme a quella sanitaria e a quella economia e sociale e dovrà partire da chi sta peggio. Ed è una priorità politica – in senso proprio. Perché riguarda la vita tra generazione nella nostra polis. Non una parentesi da chiudere ma un evento sparti-acque da affrontare per le conseguenze lunghe da superare.

Per queste ragioni, in questi giorni il dibattito internazionale sta ritornando sul carattere speciale dei diritti dell’infanzia. Essi sono la base perché ogni bambino e bambina possa avere priorità nell’agenda pubblica. Oggi questo significa che ogni bambino possa elaborare il danno riconoscendo in sé (insieme ai propri coetanei) quel che ha imparato in una stagione così straordinaria, dando forza alle proprie resilienze. Ma ci vuole un tempo insieme per ricostruire, una stagione nella quale dare parola a ciò che è accaduto, ricostruire le cose perse, valorizzare quelle, inattese, che si sono imparate e riprendere il cammino, con costanza, senza altre interruzioni.  Questo tempo va garantito.

Da tutto ciò derivano due indirizzi di politica pubblica.

Primo. I bambini campani devono poter presto tornare a scuola e con costanza.

Secondo. Tra scuola e fuori scuola bisogna da subito allestire o rafforzare i cantieri educativi larghi – le comunità educanti – capaci di attivare alleanze tra comuni, terzo settore, scuole, genitori, cittadini, rione per rione. E, nel farlo, bisognerà anche preparare i dettagliati programmi necessari per intercettare i fondi europei che – nelle dichiarazioni del governo come negli indirizzi europei - metteranno in campo un possente finanziamento all’educazione e alla formazione che non ha paragoni, se non con il piano Marshall dopo la guerra o i piani del primo centro-sinistra dopo la riforma della scuola media.

E’ per tutto questo che le istituzioni devono ritrovare unità, nel nome dei nostri figli, alunni, nipoti.

Argomenti
ScuolaSud

Allegati

Firma ora il manifesto

Il futuro del Sud è inscritto nel futuro d’Italia e d’EuropaLo sviluppo del Mezzogiorno e il superamento definitivo della questione meridionale è oggi più che mai interesse di tutta l’Italia.
* campi obbligatori

Seguici sui social