15 novembre 2021   Articoli

Superare la cultura del "No"

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Come San Tommaso, sentivamo il bisogno di toccare con mano quanti finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sarebbero stati effettivamente destinati a interventi nel Mezzogiorno. Ora che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) ha definito la proposta di allocazione per singoli specifici progetti delle risorse a sua disposizione, possiamo fare la prima prova, verificando nero su bianco gli stanziamenti decisi su opere e interventi di grande rilevanza per il futuro del Paese. 

Ebbene, questa prima prova dà risultati niente male, anzi decisamente positivi: a progetti infrastrutturali localizzati nei territori meridionali viene assegnato il 55% dei 62 miliardi di euro di competenza MIMS, una quota superiore anche a quella del 40% sulla quale il Governo si è impegnato con riferimento all’insieme delle risorse PNRR. E stiamo parlando di progetti di particolare rilevanza per costruire le condizioni di contesto necessarie a migliorare la qualità della vita dei cittadini e la competitività del sistema produttivo meridionale, e quindi le sue prospettive di crescita e di chiusura del divario con il Centro-Nord. Non solo, ma se quei progetti diventeranno realtà, il Mezzogiorno avrà la possibilità di porsi come snodo fondamentale della proiezione economica (e politica) dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo, nell’area cioè che sta ormai acquisendo una nuova centralità nei flussi di merci e investimenti internazionali.

Entrando nel merito delle allocazioni decise dal Ministero – per lo meno di quelle di maggior rilievo quantitativo - troviamo oltre 36 miliardi per la “cura del ferro”, di cui 20 (il 60%) destinati alle linee meridionali: più di 15 miliardi su alta velocità, alta capacità e diagonali (Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina, Salerno-Reggio C., Battipaglia-Metaponto, Roma-Pescara) e quasi 5 sulla velocizzazione della linea Adriatica e sul potenziamento e miglioramento tecnologico delle linee di rilevanza interregionale e regionale. Aggiungendo a questi stanziamenti i 3,7 miliardi sui porti, di cui il 50% al Sud e in particolare alle ZES, comincia a esserci la base di finanziamenti per impostare la tessitura della rete di infrastrutture necessaria affinché il Mezzogiorno svolga nel Mediterraneo la funzione che richiamavo sopra.    

Agli investimenti su ferrovie e porti si collegano i quasi 9 miliardi dedicati al trasporto pubblico locale, di cui 4,5, la metà esatta, alla mobilità urbana e locale nel Meridione: interventi in particolare su linee metropolitane e parco autobus ispirati a sostenibilità e innovazione tecnologica. E soprattutto importanti sul versante del miglioramento della vita nelle città, insieme con gli stanziamenti per la rigenerazione urbana e l’housing sociale essenziali per avviare il risanamento del tessuto urbano: quasi 3 miliardi di cui il 40% per le città meridionali.

Infine, oltre 3,2 miliardi vengono stanziati per il settore idrico, il 55% localizzati nel Mezzogiorno: sia infrastrutture primarie (dighe e invasi) sia reti di distribuzione alla popolazione.

 Fin qui tutto bene, e va dato atto al Governo di essere passato dall’indicazione generale di un obiettivo di quota di risorse al Sud alla specificazione, progetto per progetto, degli stanziamenti che, nel campo delle infrastrutture (e vedremo poi se accadrà anche negli altri settori), traducono in pratica quell’obiettivo. Ora però viene il difficile: fare in modo che quegli stanziamenti si traducano in opere effettivamente realizzate e nei tempi richiesti dalla Commissione Europea come dal bisogno di rinascita del Mezzogiorno e del Paese intero. 

Possiamo sperare che le novità introdotte con il decreto semplificazioni del 31 maggio – in particolare, oltre agli snellimenti procedurali, l’istituzione della Commissione tecnica dedicata alla valutazione di impatto ambientale sulle opere del PNRR e la Soprintendenza speciale per il PNRR - aiutino ad abbreviare i tempi e a ritrovare finalmente il gusto operoso del “fare”, superando il vizio disfattista del “bloccare”. Come pure, in direzione analoga va l’istituzione di un Comitato speciale presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per le opere di maggior rilievo strategico. 

Ma queste misure, per quanto importanti, non basteranno se non si realizzerà quello scatto di responsabilità di ognuna delle istituzioni coinvolte a livello centrale e locale – Ministeri, Regioni, Comuni – indispensabile per superare al loro interno, e nei rapporti reciproci, resistenze conservatrici, difese di spazi di potere, particolarismi, ossia tutto ciò che troppo a lungo ha alimentato la diffusione della cultura del “no”. Le condizioni politiche oggi potrebbero esserci: un Governo nazionale teso a realizzare il PNRR e sindaci di alcune delle maggiori città meridionali con cultura di governo che, volendolo, possono dar voce alle forze vive della società civile meridionale. 

Le risorse ci sono, gli alibi stanno a zero: hic Rhodus hic salta.    

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