20 marzo 2020   Articoli

L'emergenza e il pericolo per la tenuta sociale

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

I filosofi politici si dividono aspramente su quali siano le funzioni essenziali dello Stato. Alcuni ritengono che la funzione fondamentale sia assicurare la sicurezza personale (e alcuni aggiungono della proprietà) degli individui. Altri aggiungono altre funzioni che possono di volta in volta essere concepite come diritti naturali o come strumentali a un maggiore benessere, come la libertà e la giustizia sociale, a mio parere con ottime ragioni. Pochissimi però anche tra questi ultimi non sarebbero d’accordo sull’affermazione che la prima funzione sia la protezione dalla violenza e che senza questa funzione uno Stato è seriamente a rischio di collassare.

La storia delle ascese delle dittature è piena zeppa di episodi di instabilità sociale precedente e del clima di violenza che si respira prima della stabilizzazione delle dittature. La prima guerra mondiale, l’iperinflazione in Germania minarono la fiducia nelle istituzioni democratiche. La violenza pervasiva fece crescere nelle popolazioni la voglia di fascismo. D’altronde la necessità di creare un clima di disordine è stata esplicitamente teorizzata dalla eversione neofascista negli anni 60 e 70 in Italia e codificata nella strategia della tensione.

Queste riflessioni sono attuali oggi per effetto della instabilità sociale generata dall’emergenza sanitaria, un evento unico per le generazioni del dopoguerra, ma anche per alcune avvisaglie di tensioni di ordine pubblico. L’Italia è uno dei paesi più sicuri del mondo, in particolare per quanto riguarda crimini violenti. Le statistiche sugli omicidi per esempio non lasciano spazio a dubbi.

Nel 2016 il tasso di omicidi in Italia era quasi la metà degli altri grandi paesi europei (0,7 omicidi per 100.000 abitanti contro l’1,2 di Regno Unito e Germania e 1,4 della Francia). Può essere difficile accettare questa realtà, ma come italiani abbiamo una probabilità molto minore di essere uccisi di un francese o tedesco. Inutile discutere di paesi dove il possesso di armi da fuoco è liberalizzato ovviamente. Negli Stati Uniti lo stesso tasso è 5,4, circa 8 volte quello italiano. D’altronde anche il confronto col nostro stesso passato è disarmante. Il tasso di omicidio è in Italia in decrescita secolare si pensi che solo nel 1990 esso era pari 3,1 per 100mila abitanti, più di 4 volte quello odierno (dati Nazioni Unite, Global Study on Homicide, 2019). Al contrario di quanto diciamo giornalmente i nostri padri vivevano in un mondo molto più violento e pericoloso del nostro.

Tuttavia la percezione di insicurezza è pervasiva. Esiste e bisogna tener conto di una opinione comune secondo la quale le basi della nostra società sono minacciate dal disordine crescente. Occorre demistificare la realtà certo, ma anche non lasciare spazi alla impressione che non vi siano presidi di ordine pubblico. Immagini come quelle della settimana scorsa che documentano una evasione di massa da un carcere importante come quello di Foggia confermano una opinione pubblica falsamente convinta delle inaffidabilità delle istituzioni democratiche. Cedimenti di queste istituzioni confermano la opinione di una loro scarsa tenuta ed affidabilità nell’assicurare l’ordine.

Va detto che la cacofonia di voci sentite in questi giorni con molteplici autorità che si sovrappongono e spesso contraddicono, talvolta senza avere giurisdizione se non geografica, non aumenta la fiducia nelle istituzioni democratiche. Forse è giunto il momento di riconoscere che gli spazi di autonomia che si sono concessi in questi anni alle più disparate autorità, non hanno necessariamente aumentato gli spazi di democrazia, ma reso più disfunzionale la democrazia stessa.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo contiene in essa anche dei pericoli per la tenuta sociale. E’ forse presto per dirlo ma si tratta di eventi che possono minare la fiducia nelle società per come sono oggi organizzate. La percezione di disordine e la voglia di autorità è già presente, si tratta a questo punto per le istituzioni democratiche di non farla crescere, evitando gli errori del passato.

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