18 marzo 2021   Articoli

Chi pagherà i vaccini non fatti

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

In un bell’articolo di ieri sul Corriere Antonio Polito spiegava come la differenza di atteggiamento nei confronti del vaccino Astrazeneca tra la Germania ed il Regno Unito consiste nella diversa cultura valutativa che avrebbe portato all’interruzione delle somministrazioni in Europa. La Germania applicherebbe il cd principio di precauzione per cui se esiste un dubbio anche minimo sui danni di una azione, essa si deve interrompere. Gli inglesi invece applicherebbero una semplice analisi costi benefici (Polito la definisce strategia utilitaristica), secondo la quale se i benefici attesi superano i costi, l’azione va fatta.

Questa affermazione genera la percezione a mio parere errata che esistano due modi di valutare le politiche e le azioni pubbliche di cui una estremamente prudente. La differenza consisterebbe quindi nell’avversione al rischio del primo approccio. Per una volta sono in disaccordo. Esiste una sola maniera di valutare gli effetti delle politiche ed è l’analisi costi-benefici, all’interno della quale si possono anche includere considerazioni relative al rischio di una strategia rispetto ad un’altra. Ed esiste un approccio alternativo logicamente errato che semplicemente ignora i costi del non fare.

Per spiegare perché il principio di precauzione non ha alcun fondamento logico si può utilizzare proprio l’esempio del vaccino. Chi ha bloccato la somministrazione di Astrazeneca non ha semplicemente evitato il rischio che alcuni vaccinati morissero, anche se il legame esistesse.

Qual è la conseguenza dell’interruzione che il principio di precauzione ignora? Le morti da COVID ovviamente. Se è vero che da due settimane in Italia muoiono più di 300 persone al giorno (ieri 502), questo è il numero ignorato dal principio di precauzione. Esso guarda solo alle conseguenze dirette e negative di una azione ma non alle conseguenze della astensione dal praticare quella azione.

Se questo è vero con l’interruzione di due giorni avremmo causato la morte di almeno 600 persone in più (ovviamente sto approssimando in maniera selvaggia solo per dare un’idea). Esistono poi costi aggiuntivi in termini economici e conseguenze indirette anche in termini di salute dal prolungarsi delle chiusure, anche morti aggiuntivi ad esempio per trattamenti sanitari e diagnosi rimandate. Queste morti e conseguenze avverse però non sarebbero conseguenza diretta della vaccinazione. E questo basta ai proponenti del principio di precauzione, ma non può bastare a chi ha la responsabilità diretta ed indiretta della salute dei cittadini.

L’unica ragionevole motivazione per sospendere il vaccino in Italia è stata evitare che ci fosse un crollo della fiducia nel vaccino con conseguenze ancora peggiori sulla campagna vaccinale. Ed è stata quasi una scelta obbligata a fronte della sospensione della Germania, che certamente avrebbe avuto conseguenze gravi. Ma va detto che in questa occasione il danno è stato probabilmente grande.

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