13 ottobre 2022   Articoli

Se il Pd diventa il partito dei privilegiati

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Si moltiplicano le analisi della crisi del PD e delle cause della sconfitta da parte di militanti e soprattutto di intellettuali di area. Si è anzi scatenata una ridda di analisi dettagliatissime degli stessi dirigenti che dovrebbero essere parte in causa della disfatta, con una triste responsabilizzazione del solo Enrico Letta. 

Ho paura però che molte delle analisi partano da premesse assolutamente errate. Il confronto tra voti del 2022 e del 2018 non evidenzia una vera sconfitta, considerando l’aumento dell’astensione, il fatto che il Pd ha governato per più di metà della scorsa legislatura ed ha subito una importante scissione. Ed è paradossale se vogliamo che il Movimento 5 stelle, che ha più che dimezzato i suoi voti, sia considerato un vincitore delle elezioni, e il Pd, con 5 punti in più e una percentuale molto simile al 2018, un perdente. 

Questi discorsi valgono solo se si ammette che il PD possa essere una forza maggioritaria, cosa per nulla scontata e che probabilmente richiede ricette opposte a quelle proposte da dirigenti ed intellettuali animati da un insopprimibile ‘esprit des escalier’ (l’espressione con cui i francesi indicano il coraggio intempestivo del giorno dopo). Una forza cioè in grado di contemperare con una forte leadership più anime invece di una sola e che parli non agli iscritti già convinti, che oggi protestano che il PD non avrebbe fatto abbastanza per loro, ma ad altri strati. 

Isaia Sales su Repubblica sostiene che bisogna chiedersi come mai l’elettorato che in ogni parte del mondo vota per la sinistra, operai e esclusi, non lo faccia in Italia. La premessa è totalmente infondata. In nessuna parte del mondo avanzato questo elettorato vota per la sinistra, se non occasionalmente, ed il Pd è la regola non l’eccezione. Dai Socialisti francesi, ridotti al lumicino, ai Democratici americani, troviamo invariabilmente lo stesso arroccamento nei ceti borghesi riflessivi in tutti i paesi e la stessa crisi di consenso negli strati popolari. Le parziali eccezioni sono la Germania, uscita però da un ventennio dominato da una leader moderata di destra e, solo nei sondaggi, dopo il disastro Tory, il Regno Unito. Ma dopo più di un decennio all’opposizione, battuti elezione su elezione dai leader conservatori più improbabili. Gli ultimi veri leader vincenti della sinistra, Tony Blair, Obama e Macron, sono tutti centristi con un ottimo record di politica economica, che sono riusciti a fare un po' di redistribuzione, mentre i loro paesi performavano decentemente sotto il profilo macroeconomico.

Sostenere poi che il PD avrebbe tradito i propri ideali, che sono inclusione e giustizia sociale nazionale (due cose non interamente coincidenti perché la prima basata solo su diritti, la seconda anche su doveri), e diritti civili a mio parere trascura il fatto che questi obiettivi oggi non possono essere perseguiti entrambi allo stesso modo, senza una qualche scala di priorità. In un paese ad altissimo debito pubblico e altissima spesa pubblica e soprattutto senza crescita, il primo obiettivo è difficilissimo da perseguire, se non si vuole mandare il paese in bancarotta. Forse questa è la ragione per cui il PD enfatizza le proprie iniziative sui diritti civili. Tuttavia va detto che nel nostro paese palesemente l’emergenza dei diritti civili non è percepita come impellente da molti strati che, secondo Sales, il PD dovrebbe rappresentare. Forse perché sotterraneamente molti sospettano che siano maniere per favorire realtà specifiche interne alle classi già dominanti. Alcuni che all’interno del PD propugnano tali diritti in effetti sembrano lontani dal prototipo del discriminato ed oppresso, e le lamentele sembrano talvolta fuori luogo, addirittura irritanti in un paese che arretra complessivamente.

L’emergere di una forte leadership femminile nel partito più a destra imbarazza fortemente ad esempio le molte borghesi che sostengono da decenni che bisogna necessariamente garantire posti in lista e addirittura eletti in proporzioni paritarie tra generi. E non è una eccezione italiana. Le principali leader autentiche emerse nel mondo sviluppato sono tutte donne di destra, a partire da Margaret Thatcher proseguendo con Angela Merkel, in tutti i casi persone che simboleggiano anche una ascesa e mobilità sociale personale (cioè non di provenienza alto-borghese), e senza quote rosa. Significherà qualcosa?

Una riflessione merita anche la questione dei ‘luoghi dimenticati’. Il PD andrebbe male nei luoghi che ha abbandonato in particolare il sud. Non c’è niente che autorizzi questa tesi. Il PD va male al nord come al sud e tiene solo in Emilia e, parzialmente, in Toscana grazie a un modello di governo che coniuga crescita e servizi efficienti, oltre che un radicamento maggiore per tutta la storia del dopoguerra. Casomai il fatto da spiegare è come mai Giorgia Meloni ha conquistato una fetta consistente di elettori anche al sud, proponendo l’abolizione del reddito di cittadinanza. 

In ultima analisi i problemi del PD sono quelli dei partiti di sinistra tradizionale in tutto il mondo sviluppato, per niente facili da risolvere, perché quelle che da un centro sociale, gestito invariabilmente da ragazzi di provenienza borghese, appaiono politiche naturalmente complementari non lo sono per niente nell’elettorato. Non a caso le posizioni di valore più estreme nel PD sono propugnate da persone che un italiano medio, con tutti i suoi pregi e difetti, considererebbe privilegiati assoluti per classe, provenienza famigliare e garanzie.

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