13 maggio 2020   Articoli

Servono investimenti. Subito

Danilo Ballanti, Salvatore Capasso e Bruno Chiarini

Ed ecco che si riparte. Le pressioni che arrivano dall’economia al governo sono fortissime e rischiano di fare saltare il coperchio di una pentola che si è riscaldata sul fuoco lento della chiusura forzata per coronavirus. In queste ore, il messaggio che sembra passare è che la riapertura possa avviare un’economia asfittica, quella italiana, e riportare le lancette dell’orologio indietro di un paio di mesi. In realtà, le cose non stanno proprio così, e la confusione è tanta.

Lo shock negativo che ha subito la nostra economia è eccezionale, ed eccezionali devono essere gli interventi per riassorbirlo. Non basterà far ripartire il sistema, bisogna spingerlo su traiettorie di crescita più sostenute. Il piano di ripartenza, quindi, deve tener conto di interventi strutturali che possano dare linfa ad un’economia che ha viaggiato nell’ultimo decennio a cavallo dello zero virgola di crescita del PIL. In questo senso, l’idea prevalente che il Paese possa aggrapparsi alla ripartenza delle regioni del nord è sbagliata almeno per tre ordini di motivi.

Il primo è quello sanitario. È evidente che la pandemia non è sotto controllo ed è difficile che in queste regioni possa essere arginata in confini ristretti a brevissimo. Questo determinerà aperture a singhiozzo e diluite nel tempo. Il secondo è che la riapertura, anche se fosse a pieno regime, non riuscirebbe a sanare il crollo di produzione che c’è stato, sia perché il sistema produttivo ha subito forti alterazioni, tanto che alcune filiere e addirittura alcuni settori sono stati seriamente compromessi (si pensi al turismo), ma anche perché la domanda globale è scarsa e le esportazioni sono molto deboli. Far ripartire, quindi, sperando nella domanda globale, almeno a breve è velleitario. Il terzo è che il problema immediato, e più urgente, non è la produzione ma la drammatica carenza di domanda. Il forzato lockdown ha ridotto il reddito attuale e prospettico di una vasta fascia di popolazione. La significativa riduzione del reddito non ha solo effetti di tipo squisitamente economico, ma rischia di creare instabilità sociale e minare la sicurezza con effetti dirompenti e imprevedibili.

Cosa fare allora? È chiaro che le misure di intervento devono necessariamente comprendere non solo una programmazione di riavvio delle attività produttive compatibili con il controllo della pandemia, ma devono necessariamente includere interventi di natura strutturale che abbiano un impatto di lungo periodo. Il -9% di perdita di prodotto previsto dal Fondo Monetario Internazionale per il nostro Paese per quest’anno sarà difficilmente recuperato se non si parte anche con un massiccio piano di investimenti. E questi interventi vanno implementati immediatamente se vogliamo che comincino ad esercitare effetti almeno nel prossimo trimestre.

La minore diffusione della pandemia nel Mezzogiorno rappresenta un’opportunità per il Paese. Qui’ è ancora possibile monitorare la diffusione della pandemia attraverso un programma di screening e mappatura del contagio. Qui’ è, quindi, possibile ripartire prima e in modo più organico.

Come intervenire? Accanto ad un programma di sostegno all’impresa, una strada da percorrere è quella di avviare un piano di investimenti infrastrutturali che sfrutti la riapertura di opere già cantierate nel Mezzogiorno (ne sono state censite ben 600). Al di là dell’impatto positivo sul sistema economico dell’intero Paese nel medio periodo, a breve un piano di investimenti di dimensioni ragionevoli permetterà di iniettare liquidità in un’economia asfittica e creerà aspettative di reddito riducendo la pressione sulle fasce sociali più deboli.

Occorre essere rapidi e decisi perché da potenziale opportunità, questa pandemia e la successiva recessione, possono costituire la definitiva pietra tombale per il Sud: la situazione sociale esasperata, la forte caduta del settore del turismo, e la competizione della criminalità organizzata non rispettano né i tempi della burocrazia e dell’inefficienza amministrativa né quelli dei sussidi.

Nota: Basta osservare la scala (oltre che l’andamento) degli assi cartesiani di queste figure per capire l’enorme differenza nei contagi e le prospettive di ripresa, davvero problematiche per la Lombardia nel brevissimo periodo e certamente più realistiche per le altre regioni e in particolare per quelle del Sud.

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