24 febbraio 2021

«La scuola non è un tribunale, chi sbaglia non va cacciato»

Intervista a Viola Ardone - Il Mattino

Scrittrice e insegnante. Un binomio che nel caso di Viola Ardone fanno acquisire un valore aggiunto, una sensibilità verso i giovani che mai come in questo periodo hanno bisogno di essere ascoltati. Proprio come i tre studenti del liceo Vico, con il futuro scolastico appeso al filo di una decisione del consiglio d'istituto.

Ardone, questa vicenda come vuole commentarla? Da scrittrice o docente?

«Queste due professioni hanno un punto in comune: l'attitudine all'ascolto. E credo che in questa vicenda la parola chiave sia proprio l'ascolto».

In che senso?

«Un educatore non parla soltanto ma deve ascoltare, deve raccogliere istanze, bisogni, necessità degli studenti. Anche quando queste istanze non sono condivise, come nel caso di una occupazione che è un atto unilaterale di una parte degli studenti, che ha motivazioni più o men o condivisibili».

Anche quando l'occupazione degli studenti del Vico è motivata da un rientro in classe in sicurezza?

«La scuola in sicurezza, in questo momento, è un ossimoro perché non c'è la certezza al 100 per cento che possa esserci. Però si può ragionare sulle modalità di questo rientro, raccogliere le loro istanze appunto, affinché tutti coloro che sono nella scuola possano vivere l'esperienza scolastica con serenità e tranquillità. Di fronte a un'occupazione bisogna porsi in ascolto e anche se si ritiene che sia sbagliato, bisognerebbe illustrare i meccanismi della democrazia: cioè come si cerca democraticamente di far valere una propria istanza, come si fa una protesta, come si giunge a una contrattazione. Perché poi nella vita questo sarà il pane quotidiano. Per questo si parla di reintrodurre l'educazione civica delle scuole, perché si educa al dialogo».

E ciò non è avvenuto al liceo Vico?

«Educare al dialogo è la cosa più difficile, e un dirigente deve saperlo padroneggiare: la scuola non è un tribunale. È un luogo dove si può sbagliare e si impara. Non è un luogo dove i ragazzi che sbagliano ammesso che sbagliano devono essere cacciati fuori. Al contrario, vanno tirati dentro proprio per riflettere sulle modalità giuste o sbagliate di un atteggiamento. La scuola è una piccola comunità, la sineddoche di una comunità più grande».

La scuola come base della democrazia.

«Esatto, e a scuola bisogna insegnare le regole per vivere nella comunità, dove trova posto anche la protesta, il dissenso, una contrattazione e a queste istanze non si può dire "no, sei fuori". Non si impara da una sospensione ma più stando in classe confrontandosi. Spero che la preside parli agli studenti, non simulando la scena di un tribunale, ma che ciascuna parte motivi le proprie posizioni».

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