20 novembre 2020   Articoli

Il terremoto 40 anni fa, ancora oggi fare presto e bene

Giovanni Sgambati - Il Mattino

Sembra successo ieri, ma è trascorso quasi mezzo secolo.

Non ci avrei mai pensato: io nato a Torella dei Lombardi da padre irpino e madre  lucana, “figlio dell’osso”, per dirla come il senatore Manlio Rossi Doria, a raccontare 40 anni dal terremoto del 23 novembre 1980. La mia storia, in verità, comincia il 21 novembre da giovane stagista dell’ufficio studi “FLM” di Napoli (Federazione lavoratori metalmeccanici): vengo coinvolto, proprio perché irpino, a ricoprire il ruolo di subcommissario della Uilm irpina, per ritrovarmi, poi, a vivere il dramma di quella terribile serata domenica mentre ero a Pomigliano dove vivevo ventenne.

Dopo un grande spavento e la paura percepita da me e da quanti mi erano vicini, grazie a due amici un po' incoscienti, a seguito della scossa delle 19.34 e non potendo telefonare ai miei genitori, decidemmo di raggiungere, da Napoli, Torella dei Lombardi. Qui giungemmo dopo mille peripezie per avvertire nel campo di fortuna di fronte casa la seconda scossa di assestamento, quella di mezzanotte e mezzo. Nelle successive 72 ore non avrei più rivisto il mio letto.

L’adrenalitico ritorno a Napoli, dopo aver accertato che la mia famiglia stava bene, fu caratterizzato dal pensiero di quello che avevo visto e dei drammatici racconti ascoltati: la condizione dei luoghi terremotati dimostrava che il disagio non era solo nel comune di Torella, ma anche in tutti gli altri comuni limitrofi come Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e tanti altri. Dalla radio e dalla televisione capimmo che oltre l’area campana, risultava ferita dal sisma anche la Basilicata. Da quel momento avemmo un solo obiettivo: darci da fare per organizzare soccorsi diretti e mirati.

Dopo un breve “breafing” presso la sede  del nostro sindacato e, in seguito, in altre strutture periferiche dell’organizzazione stessa, in loco raccogliemmo l’appello per la raccolta del latte: in serata caricammo un intero furgone presso la centrale del latte di Napoli e passammo nella sede della Cgil. Eravamo metalmeccanici e, dopo l’emergenza terrorismo, ancor più allineati alle Confederazioni: il terremoto e gli eventi che seguirono rafforzarono questa coesione. Rammento ancora oggi una vera e propria sfuriata che il mitico Silvano Ridi (detto “il toscano”), storico dirigente dei metalmeccanici di Napoli, allora già segretario generale della CGIL, rivolse al segretario di Caserta che voleva discutere sul da farsi. Era terminato il tempo delle discussioni, esisteva solo il tempo dell’azione concreta!

Il 25 novembre mattina eravamo di nuovo nel cratere ferito dal sisma: il latte certo serviva, ma vedere con i propri occhi, alla luce del giorno, il disastro di S. Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora e degli altri comuni., dove servivano mezzi e persone per scavare senza sosta alla ricerca di persone ancora vive sotto le macerie, significava conoscere il disastro. La cronaca di quei momenti era ben sintetizzata dal titolo di apertura del “Mattino” che a caratteri cubitali invocava “Fate presto”. Sotto il pezzo indimenticabile di Carlo Franco, inviato del quotidiano partenopeo scomparso di recente. Addirittura, Andy Warhol parafrasando quel titolo fece un’opera struggente.

Nei giorni successivi ci fu il duro discorso del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini dopo la sua visita nelle zone terremotate. Le parole dell’indignazione presidenziale rinsaldarono in un attimo il Paese in una determinazione solidale: sindacato unitario, enti locali, imprese, insieme a migliaia di volontari dislocati a favore di una protezione civile inventata sul campo. Impossibile dimenticare la caserma Berardi di Avellino, diventata sede della Prefettura transitoria, determinante nel coordinare senza sosta e risolvere un’infinità di problemi. In primavera, l’Assemblea dei quadri e volontari sindacali, tenuta ad Eboli per chiedere una legge organica per la ricostruzione e lo sviluppo che il Parlamento nei primi mesi del 1981 approvò col numero 219. Una legge che ci ha permesso di ricostruire negli anni delle Comunità e dei nuclei industriali importanti, ma che allo stesso tempo può essere annoverata come un’occasione a metà, come bene ha ricordato la Commissione Parlamentare che indagò sugli effetti del sisma: troppo lungo e amaro il ricordo di tante imprese finte che hanno lucrato nell’opera di ricostruzione e non tutte seriamente sanzionate e perseguite

Val la pena, invece, ricordare molte altre  importanti imprese che nella mia vita sindacale ho avuto la possibilità di seguire negli anni: basti pensare alla FCA di Melfi  a Potenza, la FMA di Pratola Serra Avellino, la Ferrero di Sant’ Angelo dei Lombardi a  Balvano di Potenza e tante altre piccole e medie aziende, tipo la Desmund di Nusco, selezionata in questi giorni di emergenza sanitaria per conservare i  vaccini che andranno in produzione contro il virus Covid 19.

Sono pezzi di eccellenza di quel Mezzogiorno che funziona, che facciamo bene a preservare con il nostro pragmatismo contrattuale, proprio quello che abbiamo praticato in questi anni.

Sull’esempio di quel tempo passato, mai come ora occorre una maggiore coesione nel Paese attraverso una visione di futuro che guardi, come ci chiede l’Europa, all’ecosostenibilità, alla digitalizzazione, ad un sistema sanitario legato al territorio, alla formazione ed alla conoscenza, una visione per lo sviluppo mediante la sburocratizzazione, la celerità nelle decisioni, il contrasto alle illegalità. Insomma, facciamo presto e bene, lo dobbiamo a noi stessi ed alle migliaia di volontari che ci fecero sentire orgogliosi di essere Italiani. Oggi come allora: infatti, sembra ieri.

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