18 febbraio 2021   Articoli

Draghi e quei «pescatori» che servono per il Mezzogiorno moderno ed Europeo

Amedeo Lepore - Il Mattino

Le dichiarazioni programmatiche di Draghi hanno trattato il tema del Mezzogiorno in modo secco e determinato, com’è nel suo stile, puntando sugli obiettivi prioritari dell’occupazione, specie femminile, dell’attrazione degli investimenti, attraverso il credito d’imposta, e del rafforzamento delle amministrazioni meridionali per riuscire, a differenza del passato, “a spendere e spendere bene”. La formazione del Governo è stata accompagnata da commenti parziali e probabilmente dissonanti dalle decisioni che assumerà in materia. In particolare, non è affatto detto che una valutazione della scelta dei Ministri in base alla loro provenienza debba corrispondere a una strategia meno attenta ai problemi del Sud. Come ha ricordato Sergio Zoppi nel volume “Diciotto voci per l’Italia unita”, nel corso della storia unitaria sono state molte le personalità di origine non meridionale (Franchetti, Einaudi, Cenzato, Morandi, Saraceno, Vanoni e Pastore) che hanno contribuito in modo risolutivo alla causa di un Mezzogiorno emancipato, pronto a concorrere allo sviluppo del Paese nel suo insieme. Quindi, è possibile che anche ora non vi sia uno “slittamento geografico” in base a parametri impropri. 

L’elemento fondamentale che, al contrario, sta emergendo è l’intreccio tra consapevolezza dei problemi immediati e visione di lungo periodo come asse delle politiche del Governo. Questa novità permetterebbe di adempiere alla principale necessità dell’Italia: far ripartire a pieno regime il motore dell’industria, ampliandone le basi meridionali e riequilibrando le capacità produttive dell’intero territorio nazionale. Se è vero che il virus ha inferto pesanti colpi iniziali all’area in cui è concentrata la punta avanzata dell’economia, è altrettanto vero che il Mezzogiorno alla lunga sarebbe sfavorito per le sue debolezze strutturali e avrebbe una ripresa più lenta. Perciò, la vocazione per eccellenza è quella che invocava Giuseppe Galasso a sostegno di strategie di portata nazionale, con una maggiore intensità di impegno per il Sud. A questo riguardo, la composizione del Governo offre una chiave interpretativa di quattro capisaldi dell’azione concreta del Paese nella loro connessione con le politiche europee. La scelta di un saldo nucleo di competenze centrali e di due Ministri politicamente forti allo Sviluppo economico e al Lavoro può permettere il decollo di investimenti volti ad accrescere la competitività e l’occupazione. Del resto, Erik Brynjolfsson, Daniel Rock e Chad Syverson hanno ammonito sull’esigenza di affrontare il paradosso tra la dotazione sempre più estesa di tecnologie abilitanti (Ket), anche a causa della pandemia, e l’andamento tuttora insoddisfacente delle statistiche sulla produttività. 

Quanto più profondo è il fenomeno della ristrutturazione, tanto più tempo e investimenti occorrono per trarre vantaggio da interventi diretti nell’innovazione e complementari nell’organizzazione dei processi produttivi. Per questa ragione, nell’assetto del Governo, è essenziale la condivisione di intenti tra il Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale e il Ministro per la Transizione ecologica. Questi due autorevoli esponenti della compagine di Draghi saranno un fulcro della revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, coordinato da Daniele Franco, potendo peraltro convergere su un tema dirimente, come quello della bioeconomia, finora del tutto assente dall’orizzonte programmatico. Si tratta di cogliere rapidamente, nella combinazione di materiali e beni strumentali in grado di ridurre al minimo gli scarti massimizzando i processi di crescita, la più sfidante prospettiva di trasformazione dell’Italia e del Mezzogiorno nell’ambito della quarta rivoluzione industriale. 

Di fronte all’obiettivo di impiegare al meglio i finanziamenti nazionali ed europei, poi, la figura del Ministro dell’Economia, in piena sintonia con il capo dell’esecutivo, appare la garanzia di un sapiente utilizzo della leva della spesa, evitando squilibri inarrestabili del bilancio pubblico, ma anche di una progressiva modifica della leva fiscale. Infine, tornando al Sud, una Ministra concreta e aperta, se ben coadiuvata da un nuovo meridionalismo e in stretta correlazione con il Ministro delle Infrastrutture, può offrire un impulso originale alle politiche di sviluppo. Non è per nulla convincente l’immagine di un Mezzogiorno interamente arretrato in confronto a un Nord progredito e innovativo. Il declino di questi anni ha investito tutto il Paese e solo la coscienza di un interesse comune alla trasformazione e alle riforme, promuovendo i comparti avanzati di ambedue le parti dell’Italia e rendendo sistemica la crescita meridionale, può stimolare una ripresa duratura. Il ritratto, creato da letture di comodo, di un Sud appiattito tra i due estremi del rivendicazionismo e del nuovismo fine a sé stessi non restituisce la realtà dei fatti. Abbiamo sicuramente bisogno di “pescatori” che captino risorse meridionali, ma del calibro di quello che di nome si chiamava Gabriele e guardava a un Mezzogiorno moderno ed europeo.

 

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