09 aprile 2021   Articoli

La sfida della mobilità sostenibile nel PNRR

Giuseppe Coco - Riparte l'Italia

Tra i capitoli più delicati del PNRR che necessitano nelle prossime settimane di essere riempiti di contenuti, la sfida della mobilità sostenibile ha un posto di assoluto rilievo. La questione è complessa per il nostro paese. Essa richiede l’attenzione di almeno due ministeri (oltre al convenientemente rinominato Ministero le infrastrutture e la mobilità sostenibili, almeno quello della Transizione Ecologica) e soprattutto è un capitolo su cui saranno messe a dura prova le capacità di ristrutturazione del sistema economico del nostro paese. E’ opportuna una riflessione su questi temi molto più ampia rispetto a quanto sta avvenendo; il dibattito sui trasporti si concentra forse troppo sulle nuove infrastrutture. Una notevole eccezione è il seminario dell’Associazione MERITA con il Ministro Giovannini e le principali imprese dell’energia e trasporti, di cui questo articolo riassume la mia relazione introduttiva.

Nonostante i grossi sforzi, le emissioni da trasporto sono cresciute nell’Unione Europea da 828 milioni di tonnellate di Co2 equivalenti nel 1992 a 1141 milioni nel picco del 2007 e dopo alcuni anni di decrescita hanno ripreso a crescere nel 2018/9 a circa 1100 milioni, con un aumento rispetto ai livelli del 1990 quasi del 33% (dati EEA). Se guardiamo alla suddivisione delle emissioni per modalità di trasporto prevedibilmente i trasporti su gomma sono la modalità prevalente nel generare emissioni (più del 71%).

Se guardiamo alla dinamica delle emissioni per modo di trasporto dal 1990 le emissioni dal trasporto su strada sono cresciute del 26%, quelle su rotaia, molto basse comunque, diminuite per effetto della elettrificazione delle linee. Sono aumentate rapidamente invece le emissioni da trasporto marittimo internazionale (+35%) e soprattutto quelle da trasporto aereo (+118%), anche qui soprattutto nel comparto internazionale. Va detto che l’aumento di emissioni in questi ultimi casi deriva da un enorme aumento dei trasporti in questi comparti, anche a fronte di un miglioramento della efficienza energetica.

Il quadro italiano non è troppo differente, ma non comprende ovviamente le emissioni da trasporto internazionale e quindi i modi di trasporto terrestre sono di maggiore dimensione relativa. La ’gomma’ pesa per più del 91% (dati ISPRA), il 25% circa da trasporto merci e il resto da trasporto passeggeri. Nel trasporto merci su strada la riduzione delle emissioni è stata pronunciata negli ultimi 20 anni, dal 2000 le emissioni del comparto sono diminuite di circa un terzo. Complessivamente sia l’Italia che l’Europa non sembrano però in linea con gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030.

Diminuire i trasporti è una opzione percorribile solo in misura molto limitata. Un sistema di trasporti efficace ed efficiente è alla base di ogni società prospera e libera. Ma allora come ottenere una riduzione molto drastica delle emissioni senza limitare la circolazione di uomini e merci?

La Comunicazione della Commissione sulla Strategia per una mobilità sostenibile ed intelligente (SWD (2020) 331 final) fissa diversi obiettivi, a partire da target su veicoli ad emissioni zero, città a impatto climatico zero, traslazione verso modalità di trasporto più sostenibili ed intermodalità. La mobilità sostenibile va in effetti realizzata in tre modalità principali:

  1. attraverso la transizione all’interno di ogni modalità di trasporto verso tecnologie e organizzazioni del trasporto a emissioni basse o nulle;
  2. attraverso la traslazione di mobilità verso modalità a più basso impatto, anche investendo in infrastrutture meno impattanti (la cosiddetta cura del ferro ad esempio);
  3. attraverso la predisposizione di corretti incentivi all’utilizzo di carburanti e fonti energetiche diverse, così come di infrastrutture e spazi congestionati.

In Italia al momento non esiste una esplicita strategia di mobilità sostenibile. La Legge 221/15 ha stanziato 35 milioni per strategie di mobilità sostenibile a livello comunale, in cui si gioca una grossa parte della partita, con lo spostamento del traffico da auto private a trasporto collettivo o forme non impattanti (scooter, biciclette o a piedi). Alcune città anche del Sud, tra cui Cagliari, Palermo, Bari e Lecce, hanno fatto progressi importanti negli ultimi anni (si veda ad es. Pinna, Masala e Garau (2017) in ‘Sustainability’).

La bozza di Recovery Plan del 12 gennaio scorso segue una logica antica, concentrata sul rinnovo dei parchi mezzi del trasporto pubblico, un obiettivo meritorio ma non sufficiente. Spostare il traffico verso mezzi collettivi richiede infatti pianificazione e ‘intelligenza’, nel senso di comprensione dei fattori che inducono il pubblico a spostarsi su mezzi più sostenibili. Oltre che infrastrutture e ricerca su mezzi e carburanti alternativi in filiere industriali di cui dobbiamo diventare leader.

Abbiamo invece bisogno di un Recovery Plan incisivo, che combini strumenti di regolazione e risorse finanziarie nelle seguenti direzioni:

  1. un percorso graduale di ricambio del parco veicoli leggeri e pesanti (compresi, ma non solo, i mezzi del trasporto pubblico locale), coerente con gli investimenti necessari alla diffusione di impianti di ricarica elettrica e di distribuzione del gas;
  2. una politica industriale che solleciti e accompagni l’evoluzione della filiera dell’automotive e degli altri mezzi di trasporto verso modalità alternative di alimentazione, esplorando diverse soluzioni tecnologiche;
  3. la ricerca sull’idrogeno per trazione e la sua sperimentazione in progetti pilota, anche circoscritti inizialmente a particolari aree o a particolari tipologie di mezzi (treni e flotte di bus per trasporto urbano);
  4. investimenti in infrastrutture per modalità di trasporto meno impattanti sia sulla lunga distanza (treni e AV-AC) sia in ambito cittadino;
  5. sviluppo dell’intermodalità attraverso la pianificazione integrata delle reti e la creazione di nodi con infrastrutture multiple (Aereo/Treno AV, Porti/Infrastrutture ferro merci).
  6. una tassazione di tipo carbon tax proporzionale alle esternalità e al contributo di emissioni per carburanti diversi.

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