26 settembre 2020   Articoli

Guida pratica per rendere più efficiente lo Stato con l'aiuto dell'Europa

Pier Carlo Padoan - Il Foglio

In un recente documento di lavoro della Commissione Europea vengono spiegati in dettaglio i criteri di funzionamento dei Piani nazionali di Ripresa e Resilienza che i paesi membri dovranno compilare per accedere ai fondi di Next Generation EU. E utile ripercorrerli in questa fase in cui la macchina dello Stato sta accelerando su questo tema.

Innanzitutto viene chiarito che i piani nazionali dovranno proporre progetti di investimento e di riforme. Ciò significa che, in linea di principio, non potranno essere ammesse spese permanenti (o tagli permanenti di entrate). Ma su questo aspetto il documento appare possibilista se il Paese richiedente dimostra che , per esempio, i tagli permanenti di entrate sono sostenibili grazie all’impatto delle riforme. Il testo, poi offre   svariati esempio di cosa si debba intendere per “riforme”. La lista è lunga. Si va dal miglioramento della qualità  del capitale umano, alla maggiore efficienza del sistema di raccolta delle imposte, alla decarbonizzazione, al rafforzamento della concorrenza . 

Ciò che hanno in comune le varie ipotesi di riforma suggerite è la presa in considerazione dei principi di fondo dell‘intera strategia. Le riforme e gli investimenti devono: rafforzare la digitalizzazione e il progresso verso un sistema ambientalmente sostenibile, devono rafforzare la crescita di lungo termine e la sostenibilità sociale, devono essere coerenti con le raccomandazioni per Paese indicate dalla Commissione.  

Un altro messaggio che forse andrebbe sottolineato con più chiarezza riguarda la complementarietà tra investimenti e riforme. Un esempio riguarda  la formazione del capitale umano. Gli investimenti pubblici in edifici scolastici e in nuovi computer rischiano di essere spesa inefficace se non si accompagnano a una riforma dei programmi di insegnamento e delle modalità  di insegnamento che, tra l’altro permettano di stabilire un legame più stretto tra mercato del lavoro, esigenze delle imprese e sistemi di formazione professionale (come suggerisce tra l’altro il documento NextGeneration Italia prodotto dalla Associazione Minima Moralia). 

In assenza di questa visione complessiva si spenderà magari molto ma non si riuscirà a ridurre lo “skill mismatch” tra domanda e offerta di competenza che rappresenta uno degli ostacoli maggiori alla crescita in molti paesi dell’Unione.

Un altro aspetto riguarda la definizione del percorso innescato dai Piani nazionali nell'ambito  NGEU. Ai Paesi membri che fanno richiesta dei fondi viene chiesto di definire un piano che contenga chiare indicazioni sulle caratteristiche delle misure, sulla durata dei progetti e sugli impatti delle medesime su crescita, occupazione e sostenibilità. Questo è un nodo assai delicato. Da una parte viene lasciata ai paesi ampia libertà di definire contenuti e percorsi , dall’altra la accettabilità  dei percorsi e dei contenuti deve superare il vaglio della Commissione.  

I progetti proposti inoltre devono includere obiettivi quantitativi. Ad esempio in termini di nuovi edifici scolastici o di digitalizzazione delle scuole, ma anche “pietre miliari” che devono essere verificate in itinere per concedere l’esborso dei fondi. La fissazione di parametri quantitativi di verifica dei progressi del Progetto dipende da un trade-off. Se il percorso di implementazione del piano e troppo lento e poco stringente ci saranno benefici ridotti in termini di maggior crescita e sostenibilità. Viceversa un percorso più stringente può portare benefici anticipati ma anche costi di aggiustamento pure più anticipati. Da questo punto di vista gli investimenti pubblici eventualmente previsti possono aiutare a migliorare il trade  off mitigando i costi di aggiustamento. Ma va anche tenuto presente che gli investimenti finanziabili da NGEU dovranno essere aggiuntivi e non sostitutivi.

Un aspetto a cui è stata data attenzione limitata riguarda la possibilità  di progetti presentati da più paesi membri e che potrebbero beneficiare da uno stretto coordinamento. Ci sono chiari benefici attesi per esempio nella definizione di progetti di investimento in infrastrutture materiali e immateriali che possano sfruttare gli spillover tra paesi. In questo caso i progetti di investimento e i meccanismi di monitoraggio dovrebbero essere coordinati e resi omogenei non solo tra loro ma possibilmente con il mercato interno. Ma qui si apre un complesso ragionamento  sul ruolo della regolazione che in molti casi rimane nazionale e la cui struttura dovrebbe passare a livello europeo

Ultimo aspetto ma non ultimo, il Documento della Commissione raccomanda la identificazione di una autorità o ministero che funga da coordinamento del lavoro a livello nazionale e che funga da punto di contatto unico con la Commissione per l’implementazione del piano. Ovvio che questo debba valere sia per il dialogo  con altri ministeri che con altri livelli di governo come le regioni  e gli enti locali.

In conclusione i benefici attesi dal progetto Next Generation sono assai elevati soprattutto per i paesi a grande ritardo come il nostro. Lo sforzo maggiore sara probabilmente l’implementazione prima ancora che la definizione dei progetti da proporre. Ma questo potrebbe essere un (ulteriore) beneficio che l’Italia potrebbe trarre da NGEU: il beneficio di una esperienza di gestione senza precedenti della macchina dello Stato.

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