18 gennaio 2024   Convegni

Più formazione più occupazione. Il lavoro al Sud e la sfida del mercato

Mercoledì 24 gennaio 2024 seminario con il Sottosegretario Claudio Durigon

Mercoledì 24 gennaio 2024 vi invitiamo a seguire online il nuovo seminario organizzato da Merita e dedicato al mondo della formazione e del lavoro al Sud. Saremo in diretta sui nostri canali social a partire dalle 10.30 con il Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Claudio Durigon.

Al seminario intitolato "Più formazione più occupazione. Il lavoro al Sud e la sfida del mercato" saranno con noi, oltre al Sottosegratario Durigon: Vito Grassi, Vice Presidente nazionale Confindustria, Annamaria Morrone, Responsabile Organization and People Development, Gruppo FS, Gianni Lettieri, Presidente Meridie SpA e Atitech SpA, Marina Verderajme, Esperta di formazione e politiche del lavoro, Socia Merita, Massimo Temussi, Presidente ANPAL Servizi e Armida Filippelli, Assessore alla Formazione professionale, Regione Campania.

Introdurrà Giampiero Castano, Esperto di politiche industriali, Socio fondatore Merita. Saluti di apertura di Giuseppe Signoriello, Presidente Fondazione Merita, e Claudio De Vincenti, Presidente onorario della Fondazione.

Vi ricordiamo che potrete partecipare non solo iscrivendovi agli eventi su Facebook e Linkedin, ma anche ponendo le domande nei post social della diretta. Nel corso del dibattito alcuni dei contributi arrivati online saranno oggetto della discussione.

POSITION PAPER

a cura di Giampiero Castano

 

Premessa

Un recente studio della Banca d’Italia (“Il divario Nord Sud: sviluppo economico e intervento pubblico* – 2022) quantifica in 200 miliardi le risorse disponibili per investimenti pubblici nel Mezzogiorno da spendere entro il 2030; una cifra che equivale a un contributo medio annuo di oltre il 6% del PIL dell’area o l’1,4% del PIL nazionale e della quale la componente più importante per quantità e qualità è quella che ci deriva dal PNRR.

Quei 200 miliardi rappresentano un valore superiore a quello calcolato per il periodo 1951-2015, dove il contributo medio annuo ha raggiunto il picco dello 0,85% del PIL nazionale solo nel decennio 1971 – 1980. Quindi il problema non riguarda la quantità di risorse a disposizione; piuttosto il problema è se si riuscirà a spenderle e soprattutto a finalizzarle per dare un moderno e strutturale assetto al Mezzogiorno.

Il PNRR è un documento-progetto che non può essere disatteso. Al suo interno sono indicati gli ambiti entro cui agire, le risorse necessarie, gli obiettivi e le modalità operative.

E’ in tale contesto che occorre stimolare il decisore pubblico ad agire con determinazione e coerenza, esercitando laddove necessario il diritto-dovere di sostituzione allorquando le istituzioni decentrate accumulano ritardi o non dispongono delle competenze necessarie.  Per questo va guardata con attenzione la recente decisione di portare al centro il coordinamento dei finanziamenti in capo alle ZES. Le resistenze di alcuni Presidenti di Regione però saranno giustificate se i processi valutativi, autorizzativi e di realizzazione dei programmi si rallenteranno.

 

Politiche di attrazione e di ritorno

Nel mentre si attuano questi interventi, alcuni dei quali richiedono molti anni per diventare efficaci, si devono realizzare le condizioni affinché il potenziale di conoscenze, di esperienze e soprattutto di persone (comprese quelle che hanno abbandonato il Mezzogiorno), trovi conveniente continuare a restare (o rientrare) al Sud.

A tal proposito si tenga presente che nel periodo 2007-2019 il flusso netto di laureati trasferiti al Centro Nord e all’estero è di poco inferiore alle 250.000 unità, ovvero su 1.000 laureati 209 si sono trasferiti al Nord o all’estero (elaborazione su Dati ISTAT: Trasferimenti di residenza). Alla base di questi processi non vi sono solo condizioni economiche dirette (livello delle retribuzioni, posti di lavoro con sufficiente stabilità, ecc.), ma soprattutto un contesto migliore di quello che hanno lasciato. Questo vuol dire infrastrutture decorose che permettano una mobilità territoriale, servizi in grado di supportare la famiglia e contemporaneamente migliorare il contesto culturale. Le stesse grandi imprese pubbliche e private non possono restare passive. Anche a loro spetta – in accordo con i soggetti attuatori delle politiche attive per il lavoro – definire obiettivi annuali realizzabili, attivare programmi operativi rivolti soprattutto ai giovani diplomati e laureati che abbandonano il Mezzogiorno per abbracciare esperienze potenzialmente più interessanti.

Ma il Sud può diventare attraente anche per risorse native in altri contesti socioculturali: persone che vogliono sperimentare un diverso modello di vita che il Mezzogiorno – più di altre realtà – può offrire. Ancora una volta il connubio pubblico-privato può creare aree di lavoro attraenti, strutturate in modo da offrire ogni supporto tecnico e scientifico necessario per il lavoro da remoto. Hub dove sia possibile associare una buona condizione di lavoro ad una ospitalità di eccellenza. Siti con queste caratteristiche sono numerosi e molteplici sono le infrastrutture immobiliari abbandonate e recuperabili ad una rinnovata funzione di grande modernità.

Il Mezzogiorno, in questo modo, può candidarsi in un arco di tempo breve ad essere un luogo di attrazione di un numero importante di giovani tecnici, di personale con buona competenza scientifica in grado non solo di assecondare il fabbisogno delle imprese, ma anche di fecondare un territorio bisognoso di confrontarsi con esperienze e culture orientate alla innovazione ed alla sperimentazione.

 

Politiche di sviluppo delle infrastrutture formative

Il PNRR ancora una volta ci può soccorrere perché individua gli ambiti formativi verso i quali indirizzare le risorse: da un lato lo sviluppo della formazione tecnica e della riqualificazione professionale, dall’altro la diffusione e la qualificazione della scuola primaria (qui il concetto è esteso all’arco di età 3 – 15 anni) e, infine, l’attenzione particolare dedicata all’alta formazione professionale e culturale.

a. Per quanto riguarda la formazione tecnico-professionale, una attenzione particolare deve necessariamente essere rivolta allo sviluppo degli ITS (Istituti Tecnologici Superiori), sedi sempre più importanti per la formazione dei quadri intermedi per tutte le attività economiche interessate da trasformazioni tecniche e scientifiche (quindi non solo industria e servizi collegati, ma anche servizi alla popolazione, dalla istruzione alla sanità e alla giustizia). Una parte delle risorse disponibili (700 milioni sul totale di 1,5 miliardi – PNRR Missione 4, Istruzione e Ricerca, Componente 1) è già stata distribuita sulla base di criteri quali-quantitativi ed il 40% è stato destinato al Sud. La regione Puglia è stata seconda solo alla Lombardia per risorse ricevute: 105 contro 118 milioni a conferma che il Sud può e deve esprimere eccellenze.

Ma gli ITS sono ancora troppo pochi (i diplomati del 2022 sono circa 6.500 su 8.300 iscritti; le donne sono poco più del 25% - Fonte Ministero dell’Istruzione e del Merito) e la spinta data dalle risorse del PNRR non è sufficiente per elevare l’offerta al livello degli altri Paesi europei con i quali ci confrontiamo. La recente legge di riforma ha consolidato il peso e la funzione delle imprese all’interno dell’intero processo gestionale degli ITS ed ora tocca ancora una volta alle imprese dimostrare di volere davvero un salto di qualità nella formazione tecnico professionale. Servono più risorse, come si è detto, ma serve anche un nuovo impegno da subito per cominciare ad avere concreti risultati entro la fine del decennio in corso: almeno 30.000 diplomati, il 40% dei quali donne, promuovendo anche un afflusso dai licei scientifici e classici molto maggiore di quello a oggi ancora limitato.

b. Qualificazione e riqualificazione professionale sono oggi sempre più il fronte sul quale operare per agevolare il passaggio di paradigma che la maggior parte delle imprese devono affrontare per mantenere un positivo rapporto con il mercato. Il mismatch che caratterizza una parte significativa delle economie avanzate pone con forza due ordini di problemi: da un lato la individuazione degli indirizzi formativi più appropriati, ma dall’altro la necessità di offrire opportunità di riqualificazione a milioni di lavoratori gradualmente obsoleti (da una ricerca condotta da McKinsey Institute “1 Lavoratore su 16 potrebbe essere costretto a cambiare lavoro entro il 2030”). La gestione del reskilling oggi è frantumata tra centinaia di piccole società che operano in un contesto eccessivamente burocratizzato nel quale le imprese raramente riescono ad avere un ruolo attivo. E’ tempo di riconsiderare l’intero processo, favorendo il pieno coinvolgimento delle imprese che devono avere la possibilità di gestire direttamente la qualificazione professionale più conveniente non solo agli interessi immediati, ma soprattutto alle dinamiche di cambiamento che dovrà affrontare. E’ una attività sussidiaria ai compiti dello Stato e delle Istituzioni territoriali preposte e per questo deve essere adeguatamente favorita e finanziata. Un buon segnale in questa direzione è il recente Protocollo di Intesa tra FS, Ministero delle Infrastrutture e Ministero della Istruzione (si veda il documento firmato l’8 agosto 2023 per “formare profili professionali adeguati ai fabbisogni professionali di FS”). Se qualcuno ricorda le Scuole Professionali Aziendali, si potrebbe dire che stiamo guardando al passato per affrontare adeguatamente il futuro.

Non bastano però pur importanti iniziative bilaterali; è necessaria una normativa nazionale di indirizzo e accompagnamento che intervenga sui costi, sulla qualità della offerta e sulla certificazione degli esiti. Le grandi imprese pubbliche e partecipate (FS, Leonardo, ENI, ENEL, TERNA, SNAM, ecc.) presenti sull’intero territorio nazionale possono svolgere in questo ambito una funzione importante per migliorare la offerta professionale al Sud, dove maggiore sembra essere il gap tra domanda e offerta di lavoro professionalizzato.

Aggiungo una considerazione che mi sta particolarmente a cuore. Riguarda quel vasto gruppo di persone che soprattutto (ma non solo) al Sud intrattengono per oltre un quinquennio un rapporto di lavoro economicamente assistito dalla integrazione retributiva (CIGS). E’ forza lavoro attivabile e facilmente riqualificabile che invece rimane indisponibile se non per attività non regolari (cd lavoro “nero”). Una normativa ad hoc è urgente.

c. La formazione tecnica e scientifica ha prospettive importanti se può agire in un contesto caratterizzato da buona formazione di base, da una vera formazione della persona che parta dalla infanzia per svilupparsi lungo tutto l’arco della scuola dell’obbligo. Il Sud vive un disagio importante perché questa offerta formativa è carente o parziale (i dati INVALSI 2023 confermano l’incremento del divario Nord-Sud. Esempio: il 35% degli alunni è insufficiente in matematica, ma nell’Italia settentrionale questa percentuale scende al 30%, mentre al Sud e nelle Isole sale al 45%). Anche in questo ambito il PNRR potrebbe venire in aiuto perché le risorse messe a disposizione sono davvero importanti: 10,6 miliardi per l’ampliamento quantitativo di servizi di istruzione, 7,6 miliardi per il potenziamento delle infrastrutture scolastiche. Il 64% di questi fondi sono destinati alla scuola primaria e secondaria, mentre il 24% alle offerte formative per la prima infanzia. La maggior quantità di spesa è destinata al Mezzogiorno. Se queste risorse saranno realmente spese si potrà registrare una inversione di rotta epocale. Purtroppo, i ritardi ci sono e non si coglie fino ad ora quella spinta al cambiamento che dovrebbe accompagnare questa fase. Gli investimenti devono riguardare sia le infrastrutture fisiche (più moderne e più efficienti), sia soprattutto il miglioramento della offerta formativa e del contesto sociale nel quale essa si deve svolgere. Un compito complesso ma necessario.

 

Miglioramento ed espansione del capitale umano manageriale e imprenditoriale

Non deve sembrare fuori luogo introdurre in una discussione su Mezzogiorno e prospettive del lavoro – fino ad ora focalizzata attorno a problemi e progetti per il lavoro tecnico e dipendente – questioni che riguardano competenze manageriali ed imprenditoriali.

Come ancora una volta ricorda la Banca d’Italia, “il miglioramento del capitale umano degli imprenditori e dei manager potrebbe risultare determinante per incrementare i tassi di digitalizzazione e innovazione delle imprese” (Il divario Nord Sud…, cit. pag. 83). La dimensione delle imprese eccessivamente ridotta, il turn over superiore a quello medio del Paese e la prevalente focalizzazione su tratti marginali della supply chain, costituiscono fattori frenanti le politiche di sviluppo.

Servono azioni coordinate che spezzino le catene che imbrigliano l’attività economica e produttiva del Sud. Qui si indicano due azioni tra loro funzionali. Da un lato un impegno coordinato della grande impresa pubblica e privata, con un quadro legislativo adeguato, per favorire aggregazioni in una logica di filiera, che consenta anche alle PMI del Sud di partecipare ad “esperienze” produttive di larga scala nazionale ed internazionale. Dall’altro lato, la creazione di Centri di formazione manageriale di alto livello, con un forte impegno di capitale pubblico-privato e iniziali collegamenti con una o due Scuole internazionali (anche in Europa ce ne sono di veramente eccellenti). Spesso si dimentica che le grandi Università, alle quali sono collegate prestigiose scuole di management, sono allocate al centro di aree con alto tasso di ricerca e di innovazione tecnologica. Non si tratta dunque di azioni prestigiose finalizzate a se stesse, ma di vere e proprie infrastrutture di alto livello funzionali ad uno sviluppo qualificato del territorio. E al Sud questo manca e questo serve.

 

Conclusioni

“Il Mezzogiorno arranca”, “il Sud arretra”, “non c’è speranza perché le distanze aumentano anziché ridursi”. Sono frasi molto comuni anche fra addetti ai lavori, che pure dovrebbero darsi da fare per migliorare il quadro generale. Il lavoro è la manifestazione più evidente dello stato di arretratezza del Mezzogiorno e, dunque, il punto di maggiore attenzione, quello per cui la ricerca di soluzioni è costante ma non sempre efficace e coerente. Spesso, purtroppo, anziché ricercare soluzioni strutturali, si preferiscono soluzioni assistenziali.

La formazione è, senza dubbio alcuno, un fondamentale ambito di lavoro, che può determinare quella “svolta virtuosa” che tutti auspicano per il Mezzogiorno. Questa “svolta” ci sarà se tutte le leve che sono state indicate in questa nota saranno attivate in maniera sinergica, perché non può esistere il contesto positivo delle competenze dentro un contesto meno positivo della formazione generale e di base. La responsabilità del decisore politico è certamente fondamentale, ma più volte sono state evocate le imprese e gli imprenditori perché siamo convinti che senza recuperare un loro protagonismo duraturo il Mezzogiorno difficilmente svolterà.

Il PNRR è una occasione storica per il nostro Paese perché disponiamo di risorse ingenti destinate al miglioramento generale del Paese e soprattutto del Mezzogiorno, ma dovremo fare in modo che il cambiamento generi più ricchezza così da non far gravare sui cittadini la restituzione di quanto ci viene dato in ambito comunitario. Se falliremo, i prossimi saranno anni molto difficili soprattutto per le aree più disagiate del Paese. Come ha ricordato recentemente l’ex Governatore della Banca d’Italia Visco “al di là delle diverse visioni sul ruolo di Stato, Regioni ed enti locali nel dar corso agli interventi … vanno tenuti sotto osservazione costante progettazione, esecuzione e risultati, definendo precise responsabilità di intervento per ovviare a insufficienze e ritardi ed evitando così di ripetere gli errori del passato, quando le risorse disponibili non hanno sempre trovato pieno e adeguato utilizzo”.

La partita si sta giocando ora, il primo tempo ci ha visti in affanno, ma non abbiamo ancora perso.

 

 

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