10 maggio 2021   Articoli

Sud, giusto il piano di ripresa

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Il nuovo PNRR è un documento completamente diverso da quello presentato a gennaio dal Governo Conte, tranne che nella struttura. Se quello poteva essere definito un abbozzo di Piano (piuttosto che una bozza), questo ha una ricchezza di dettagli soddisfacente e forse la parcellizzazione degli interventi è addirittura eccessiva. La coesione territoriale rimane sia come componente autonoma ‘Interventi speciali per la coesione territoriali’ all’interno della missione sulla Coesione, sia come priorità strategica trasversale del Piano.

I commenti al momento si concentrano sulla adeguatezza delle risorse per il Mezzogiorno. In realtà come è stato notato la quota del 40% delle risorse destinate al Mezzogiorno è una stima ragionevole ed un impegno, ma in parte dipenderà dalle capacità delle amministrazioni del Mezzogiorno di attivare i fondi sulle Missioni più consistenti. E’ quindi auspicabile che gli Amministratori del sud studino bene il Piano e mobilitino gli uffici rilevanti da oggi, per attivare le richieste di fondi con progetti credibili, piuttosto che rivendicare a favore di telecamera improbabili quote di risorse di cui poi non saprebbero bene che fare.

Un giudizio più compiuto si può però dare sulla componente ‘Interventi speciali’ di cui sopra, finanziata per 2 miliardi. Rispetto al piano precedente, viene finanziata meno la componente aree interne (circa 600 milioni in meno). Era perlomeno imprudente inserire 1,5 miliardi su una strategia che non ha finito nemmeno la programmazione in 7 anni. Ma la vera novità è che gli interventi vengono individuati nel Piano a prescindere dalle famigerate Strategie d’area e gli Accordi di Programma Quadro. Quel modello di intervento basato sul mantra della Nuova Programmazione dell’intervento dal basso e sulla concertazione ad oltranza ha mostrato tutti i suoi limiti proprio con la sperimentazione della Strategia Aree Interne che allo stato nel Mezzogiorno non ha prodotto nemmeno gli Accordi Quadro nei sette anni dal lancio nel 2014. Nel nuovo PNRR invece si finanzia, coinvolgendo soggetti privati, la sanità di prossimità. Si tratta di un approccio molto più concreto e meno ideologico del precedente che ha maggiori probabilità di successo. 

I 600 milioni recuperati vengono destinati alle ZES, di cui si progetta un rilancio anche con una modifica normativa importante. In un seminario promosso da Merita e da SRM, questa settimana, la Ministra ha confermato la sua fiducia nello strumento e illustrato le linee della riforma, coerenti con le problematiche emerse. Il sistema di governo delle ZES cambia. I Commissari straordinari istituiti dalla finanziaria del 2020, con i soliti inutili poteri di impulso, coordinamento e monitoraggio che dilagano nella PA, diventano i veri referenti delle ZES, questa volta con veri poteri autorizzatori e strutture proprie. Ci sono le condizioni per realizzare finalmente semplificazioni importanti dei processi con l’istituzione dello sportello unico digitale, anche se la concreta attuazione si è spesso scontrata contro la molteplicità e le inerzie delle amministrazioni. Il tetto per il credito d’imposta sugli investimenti raddoppia a 100 milioni. Allo stesso tempo gran parte del finanziamento è destinato alle opere infrastrutturali per il collegamento con le reti TEN-T dei porti principali. 

Ci sono le premesse per un rilancio delle ZES, anche se alcune problematiche rimangono intatte. Molti piani strategici delle regioni infatti hanno tradito l’impianto della norma che richiedeva un nesso economico tra le aree scelte per la ZES e i porti di riferimento, per rispondere alla solita logica della distribuzione proporzionale dei benefici, ovviamente fittizi, sui territori. Il paradigma è la ZES adriatica che si estende per 500 km fino a territori che coi porti ‘core’ non hanno nessuna relazione. Come in altri contesti, la concertazione distrugge il disegno delle politiche di sviluppo e le rende inefficaci.

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Economia

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