14 agosto 2022   Articoli

Le promesse assurde del dopo Draghi

Giuseppe Coco - Corriere della Sera

In un bell’editoriale della settimana scorsa Antonio Polito ha ricordato che, anche se sarebbe ingenuo attribuire a Draghi i successi economici congiunturali dell’ultimo anno, la sua credibilità ha sicuramente influito e stabilizzato l’Italia in una situazione economica internazionale molto pericolosa. La garanzia della figura di Draghi consisteva principalmente nella sicurezza che il governo non avrebbe ceduto alle sirene della spesa pubblica e dei gruppi di pressione e messo a punto una finanziaria elettorale.

Chi poteva pensare che Draghi avrebbe prestato la sua faccia alla resa ai tassisti o ai concessionari balneari, oppure chiesto uno scostamento di bilancio di 50 miliardi, ovvero prolungato provvedimenti chiaramente dannosi come il cashback o il superbonus. Di fronte alla prospettiva di dover votare in parlamento leggi penalizzanti per i propri affezionati elettori, in genere piccoli gruppi molto bene organizzati e bellicosi, alla vigilia delle elezioni, alcuni partiti hanno pensato fosse meglio far cadere il governo e votare subito.

Lucrezia Reichlin sempre sulle colonne del Corriere ha poi spiegato che è il programma di riacquisto di titoli della BCE, il TPI, che spiega come mai un paese così fragile che manda a casa un Premier col prestigio di Mario Draghi durante una guerra, una crisi energetica e di instabilità di prezzi, non subisce una crisi dei tassi di interesse. L’attivazione del programma è però soggetta alla conformità del paese beneficiario alle regole europee. Regole il cui rispetto viene valutato in maniera molto più discrezionale, rendendo più ‘politico’ il ruolo della stessa BCE. La BCE ha poi contemporaneamente reso molto trasparenti le modalità di acquisto. Uno stop anche parziale al riacquisto è immediatamente visibile e interpretabile dai mercati.

In ultima analisi la BCE ha nell’ultimo anno (dopo averci sostenuto per quasi un decennio con politiche monetarie che ci hanno consentito di indebitarci a tassi anche negativi) adottato tutte le salvaguardie possibili per stabilizzare l’Italia, anche prendendosi qualche rischio sul piano della stabilità dei prezzi. Si tratta di un riconoscimento della necessaria solidarietà tra paesi dell’euro, impensabile solo pochi anni fa. Al nostro paese si richiede responsabilità.

A mio parere sarebbe assurdo rispondere con rivendicazioni.

Al momento alcune forze politiche si lasciano andare a promesse elettorali irresponsabili per un paese ad alto debito. E’ importante rendersi conto che la stessa possibilità di governare nella prossima legislatura è legata a doppio filo alla stabilità del debito e questa dipende dalla responsabilità di chi governa. E francamente sarebbe arrivato il momento che anche gli elettori penalizzassero chi fa promesse ad altri gruppi sociali, se non al proprio. Si tratta insomma di diventare adulti e chiedere più spesso: ‘chi pagherà per questo?’ piuttosto che ‘cosa mi dai?’.

Ci sono due possibilità a proposito di chi fa promesse assurde: se le rispetterà, ci porterà dritto alla crisi finanziaria; se non lo farà, sta prendendo in giro gli elettori. Due osservazioni ulteriori mi paiono d’obbligo. Il sud ha sempre perso terreno quando i conti pubblici sono andati in tensione, perché nell’emergenza, la spesa in conto capitale e i fondi per la coesione sono considerati sacrificabili al fine di evitare tensioni sociali di breve periodo. Più in generale l’irresponsabilità fiscale colpisce il sud più del nord, perché richiede poi maggiore esborso di spesa per interessi, che significa meno spesa per servizi e investimenti.

E il sud dipende molto più del nord dalla spesa pubblica, checché ne dicano i comparatori meridionali. La responsabilità fiscale è quindi nell’interesse del sud ancora più che del nord. Infine a mio parere in ogni caso si sbaglia ad enfatizzare troppo l’aspetto delle conseguenze economiche dell’irresponsabilità, e lo dico da economista.

E’ chiaro che queste ci sono, ma ho l’impressione che a forza di raccontare alcune decisioni come necessarie solo per le loro conseguenze, spesso imposte da soggetti terzi, si svilisca la necessità che la classe politica (e l’elettorato) adotti comportamenti responsabili di per sé. A valle si generano risentimenti e rivendicazioni sempre maggiori, considerando che il nirvana del dividendo della responsabilità arriverà non nella forma di un nuovo miracolo italiano, ma solo nella forma della protezione dalla catastrofe

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Economia

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