27 settembre 2021   Articoli

Il turismo da solo non basta

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Dopo una estate da record, una moltitudine di turisti, anche stranieri, affolla la città di Bari e i più bei paesi della Puglia anche in questi ultimi giorni di settembre. Dopo alcuni anni di successi analoghi, questo genera la sensazione di un successo economico strepitoso e anche un pizzico di presunzione, che poi facilita la diffusione di fake ridicole. Sono popolarissimi per esempio articoli e post che ci avvisano che anche quest’anno la Puglia è stata incoronata ‘Best region’ o ‘Best value destination’ da soggetti come National Geographic o New York Times. Ovviamente in classifiche che non esistono nemmeno. In ogni caso moltissimi sono convinti che la Puglia stia vivendo una primavera economica, addirittura un boom, e lo stesso Emiliano a tratti si lascia andare a trionfalismi fuori luogo.

La realtà dei fatti smentisce queste letture. La Puglia, pur presentando un profilo leggermente più dinamico delle altre regioni meridionali, cresce (o meglio decresce) dalla crisi del 2008 tre punti sotto la media nazionale. Il divario cresce. Quale sia la principale ragione lo spiega un interessante articolo di eticaeconomia (https://www.eticaeconomia.it/il-mezzogiorno-tra-turismo-e-manifatturiero-il-caso-della-puglia/ ). Nei ultimi 20 anni fino al 2017, la composizione del valore aggiunto regionale è cambiata parecchio. Il turismo ha raddoppiato il suo peso aumentato di più del 2% (e si può star sicuri che sia ancora aumentato dopo il 2017), mentre la quota di manifatturiero è scesa del 2% (al 10% circa oggi). Sembra poco, ma quando si tiene conto dell’enorme peso del settore pubblico sul nostro PIL regionale, le cose cambiano. Questa ricomposizione è il prodotto tra l’altro anche di una esplicita scelta di policy. La Puglia ha speso tantissimo della dotazione degli enti territoriali, per iniziative di carattere culturale e turistico. Si potrebbe sostenere che quella spesa abbia prodotto buoni risultati, visto l’aumento del turismo, ma da un lato bisogna capire se il boom turistico ne sia stato il prodotto, e poi ogni scelta va valutata alla luce delle alternative.

Che le molteplici iniziative culturali abbiano avuto un impatto sull’immagine della Puglia è innegabile, ma di certo una importanza cruciale l’hanno avuta le infrastrutture di trasporto, prima fra tutte l’Aeroporto di Bari e i voli delle low cost che consentono l’accesso alla regione a una platea molto più vasta del passato. E’ però sul piano delle alternative che le scelte andrebbero discusse un po' più a fondo. L’articolo detto infatti ricorda che turismo e manifattura non sono esattamente sostituibili. La produttività e i salari nel settore manifatturiero sono molto più elevati (quasi un quarto di più) e crescono molto più velocemente del turismo. Questo significa che con le quote di manifatturiero, abbiamo perso posti di lavoro più specializzati e ad alto salario, e guadagnato posti stagionali a basso salario nel turismo. Forse la Puglia si avvia a concretizzare la profezia del grande economista e storico Marcello De Cecco, che ripeteva che nel lungo periodo saremmo (gli italiani) diventati tutti pizzaioli e camerieri per i tedeschi.

In realtà il vero problema però è che abbiamo scelto, come sempre, di specializzarci in un turismo a basso valore aggiunto. Tutto fondato su una accoglienza di imprese micro o addirittura singoli proprietari di immobili senza offerta di servizi strutturati. L’economia di Airbnb, utile certo a molti proprietari di piccole seconde case, ma non certo produttrice di posti di lavoro decenti. Un modello di offerta che avvantaggia il nero e in cui una parte rilevante del valore aggiunto viene risucchiata in forma di commissioni da lontane multinazionali di internet, fondate da gente molto più intelligente. L’avversione alla grande impresa anche in questo caso ha azzoppato un possibile canale di crescita. 

Alla luce di tutto ciò sarebbe il caso di rivedere le priorità di politica economica della nostra regione. Ad esempio è il caso di valutare quanta gente viene attratta in Puglia da ognuno dei molteplici (direi innumerevoli) festival di questo e quell’altro che abbiamo finanziato in questi anni. Di fare una valutazione seria insomma e non basata su idee generiche su quanto è bello per una minoranza di borghesi avere l’ennesima manifestazione culturale. Di riesaminare la persistente avversione contro le grandi imprese e i progetti di sviluppo del turismo più strutturati, se non invasivi, ricordando che nel bilancio degli interessi abbiamo da un lato i piccoli proprietari immobiliari, dall’altro posti di lavoro e forse anche una riqualificazione delle presenze e dei servizi turistici nella nostra regione. E infine di accantonare anche il persistente pregiudizio antindustriale per riorientare le risorse, anche alla luce delle priorità del PNRR.

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Economia

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