06 novembre 2020   Articoli

Rivoluzione all'idrogeno per il Sud

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Mentre la maggior parte di commentatori ed economisti si dicono certi dell’utilità delle risorse del Recovery Fund, fatichiamo ancora a vedere proposte autenticamente strategiche sull’uso delle stesse in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno. A parte le proposte importanti sulle infrastrutture di trasporto ferroviario, che però dovrebbero essere sottoposte ad un vaglio serio sulla loro reale utilità caso per caso, si fatica a vedere un serio piano di investimenti. Ed anche una modifica degli assetti di realizzazione dei progetti che consenta un incremento significativo degli investimenti a fronte della conclamata incapacità di spesa delle amministrazioni.

Soprattutto però non si capisce su cosa vogliamo puntare per il futuro del paese e in particolare per lo sviluppo del Mezzogiorno. Una proposta sensata sarebbe prendere in considerazione un significativo investimento in una strategia dell’idrogeno. Per varie ragioni, soprattutto il progressivo efficientamento delle tecnologie di produzione dell’idrogeno, molti osservatori ritengono che siamo ad un punto di svolta nel suo utilizzo come fonte di energia.

L’uso dell’idrogeno come combustibile ha diversi pregi. Il più ovvio è che non produce emissioni. Ma spesso si sottovaluta anche che non necessita di alcuna risorsa scarsa, magari localizzata in paesi problematici o già accaparrata da una grande potenza mondiale, e soprattutto che è conservabile e trasportabile in maniere del tutto diverse dall’energia elettrica. Per quanto le potenzialità delle energie rinnovabili non siano ancora totalmente sfruttate, si intravedono i limiti alla loro utilizzabilità per obiettivi radicali di decarbonizzazione. L’idrogeno potrebbe fornire il tassello mancante.

Il problema della produzione di idrogeno è che solo se prodotto attraverso elettrolisi, con energie rinnovabili, esso non genera emissioni. Quindi in un certo senso l’idrogeno sarebbe il mezzo per ‘conservare’ e ‘trasportare’ energia rinnovabile in contesti dove l’elettricità non arriva o non è conservabile. In questa prospettiva la Commissione Europea ha pubblicato a luglio una Comunicazione in cui fissa dei target ambiziosi di uso dell’idrogeno ed esorta gli stati membri a investire nella ricerca e nelle tecnologie di produzione e sperimentare l’uso dell’idrogeno.

Secondo l’International Energy Agency l’Italia sarebbe in una posizione strategica come hub nella produzione e trasporto dell’idrogeno a tutta l’Europa, considerando l’abbondanza di fonti rinnovabili, le infrastrutture di gas naturale che potrebbero essere riconvertite al trasporto di idrogeno nei paesi nordici, meno dotati. Il Mezzogiorno potrebbe essere il perno di questa strategia. Nelle scorse settimane la Germania ha annunciato investimenti per 9 miliardi nella strategia dell’idrogeno. La Francia ed altri paesi minori seguono a ruota. Un forte interesse è stato manifestato da Snam ed ENI, che fronteggiano un grosso problema di riconversione nel caso di un drastico ridimensionamento dell’uso delle fonti fossili.

Si tratta in questo caso di evitare l’errore fatto con le fonti rinnovabili. In quel caso l’Italia ha concesso, tardi, enormi incentivi alla mesa in opera di impianti di rinnovabili i cui componenti industriali erano in gran parte prodotti in Danimarca, Germania e, più recentemente Cina. Di questa rivoluzione dobbiamo essere protagonisti sul piano della ricerca e soprattutto industriale se vogliamo partecipare ai vantaggi in maniera significativa. Ciò significa che il governo deve elaborare e licenziare una strategia dell’idrogeno in due mesi da oggi coordinandosi con i principali attori del mercato energetico. La strategia deve prevedere significativi investimenti in ricerca e sviluppo specializzati e territorialmente concentrati in centri di eccellenza anche creati ad hoc. Sarebbe utile usare un mix di fondi strutturali per partire subito, e successivamente dei fondi del Recovery. Gli investimenti in ricerca dovrebbero da subito essere localizzati prevalentemente nel Mezzogiorno. Taranto ad esempio sarebbe un candidato naturale ad ospitare uno dei centri di eccellenza, considerando che una possibile applicazione sarebbe la conversione ad idrogeno degli stabilimenti ILVA.  Non c’è un minuto da perdere.

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