03 settembre 2020   Articoli

Svimez e quel pessimismo che non fa bene al Sud. L’analisi di Pirro

Federico Pirro - Formiche.net

Federico Pirro - Professore di Storia dell’Industria - Università di Bari Aldo Moro

Se si continua a presentare il Mezzogiorno sempre arretrato e incapace di tenere il passo con il Nord, ma perché l’Unione europea e il governo italiano dovrebbero continuare a stanziare risorse per un’economia che resterebbe, almeno nelle analisi della Svimez, sempre arretrata?

Sono state pubblicate le anticipazioni del Rapporto Svimez sull’andamento dell’economia italiana e meridionale per il 2020 e per il 2021. Per l’Italia alla fine dell’anno si prevede una flessione del prodotto interno lordo del 9,3%, mentre per le regioni meridionali la contrazione dovrebbe essere di poco inferiore, attestandosi all’8,2%. Per il 2021, invece, per il Paese si prevede una crescita del 4,6%, doppia di quella meridionale che si attesterebbe al 2,3%.

Ora la stampa che le ha riportate ha recepito tali anticipazioni sostanzialmente condividendole, ma nessuno – ci sembra – si è posto la domanda su quali siano i parametri considerati dalla Svimez per formulare tali previsioni, costruite con un modello econometrico di cui sarebbe interessante conoscere le variabili inserite dagli studiosi dell’Associazione che considerano spesa delle famiglie, reddito delle stesse, investimenti ed esportazioni. Ma come viene valutata la spesa delle famiglie? I loro acquisti on line, ad esempio, vengono considerati ? Immaginiamo di si, ma come ne vengono definite le grandezze effettive?

E lo stesso dicasi per gli investimenti: vengono considerati quelle cofinanziati dalla Regione Puglia con le sue ricche misure di incentivazione? Gli oltre 50 contratti di programma per grandi imprese – che hanno prodotto investimenti che si sono dispiegati nel tempo a partire dalla ammissione alla agevolazione – per quale loro quota sono stati valutati per il 2020 e così per il 2021, quando non si siano già conclusi?

O ci si sofferma solo sugli investimenti di alcuni gruppi (Enel, Eni, Fs) riportati nei quadri di contabilità nazionale? E i contratti di sviluppo gestiti da Invitalia che in diverse regioni del Sud sono stati numericamente molto elevati – come ad esempio la Campania la cui Regione li ha cofinanziati – sono stati valutati per il 2020 e per le quote residue per il 2021? E la spesa dei fondi comunitari del ciclo 2014-2020 – che alla fine dell’anno solitamente registra una forte accelerazione perché le Regioni (e in Ministeri interessati) devono raggiungere un determinato target da documentarsi alla Commissione europea – come è stata stimata per quest’anno e per il prossimo ?
E le esportazioni? Come sono state previste per l’ultimo quadrimestre dell’anno e che attendibilità hanno le ipotesi quantitative formulate dalla Svimez che le considerano per il 2021 comunque in crescita del 9,7%, superiore all’8,5% dell’Italia?

Ci poniamo queste domande perché ormai da anni nutriamo crescenti riserve sulle previsioni della Svimez sull’andamento dell’economia meridionale che sembrano dettate sempre e soltanto da un costante, irriducibile pessimismo circa la capacità del sistema economico del Sud di crescere a ritmi sostenuti, o almeno più sostenuti di quelli stimati dall’Associazione il cui fine, in realtà – e come è fin troppo noto da tempo – è sempre quello di sollecitare fondi in favore delle regioni meridionali, senza che poi mai la stessa Svimez abbia promosso studi per valutarne la qualità della spesa e il suo effettivo impatto sulle aree e i soggetti che ne beneficiano.

Oltretutto, se si continua a presentare il Mezzogiorno sempre arretrato e incapace di tenere il passo con il Nord, ma perché l’Unione europea e il governo italiano dovrebbero continuare a stanziare risorse per un’economia che resterebbe – almeno nelle analisi della Svimez – sempre arretrata? Ma perché finalmente la stessa Svimez non avvia una effettiva, rigorosa, analitica ricognizione granulare – ci si passi un’espressione oggi ricorrente – dell’economia dei singoli territori meridionali, andando al di là delle stesse ripartizioni regionali e provinciali e puntando invece alla scoperta di un’Italia meridionale profonda che rivelerebbe dinamiche realtà sinora inesplorate?

Questa ricognizione in verità da anni la sta conducendo con sistematicità sui settori trainanti dell’economia meridionale la Srm-società di ricerca del gruppo Intesa San Paolo, presieduta dall’Ing. Paolo Scudieri e diretta da Massimo Deandreis che, pur non sottacendo i divari tuttora esistenti con le regioni del Nord, censisce con puntualità analitica tutte le realtà produttive e infrastrutturali del Meridione e il loro posizionamento competitivo nello scenario italiano ed internazionale. E sono già molto numerose le pubblicazioni della Srm che danno piena evidenza ad un Sud produttivo che in tante realtà aziendali e territoriali è in grado di competere con successo nel nostro Paese e nel mondo. E chi scrive, componente da anni del Comitato scientifico della società, ha partecipato alle redazione di vari studi che hanno incontrato l’attenzione di esperti e della stampa specializzata.

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