Il Mezzogiorno, una priorità per Confindustria
Vito Grassi e Natale Mazzuca - Sole 24 Ore
I commenti apparsi sulla stampa e anche il dibattito che si è aperto, a seguito della Relazione all’Assemblea pubblica del Presidente di Confindustria Carlo Bonomi in merito a presunte e infondate posizioni di contrarietà alle politiche di sostegno del Mezzogiorno, necessitano di una risposta chiara e risolutiva.Per farlo è necessario prendere in considerazione non solo la Relazione del Presidente Bonomi, ma anche il volume “Il coraggio di crescere – Italia 2030-2050”, a cui lo stesso Presidente rinvia nel passaggio della sua Relazione dedicato al tema del Mezzogiorno.
In un’operazione di sintesi, quale necessariamente è una Relazione, si è voluto richiamare l’attenzione sugli effetti della politica di interventi nel Mezzogiorno: molte risorse programmate, spesso inutilizzate o utilizzate con enormi ritardi; diversi strumenti di sostegno alle imprese, molti dei quali con effetti positivi ma, alla luce dei risultati, ancora insufficienti a promuovere una crescita sostenuta, capace di contribuire al riequilibrio; strutture amministrative inefficienti e contesti territoriali problematici, con fenomeni evidenti di degrado ambientale e sociale; sotto-dotazioni infrastrutturali e di servizi, che producono evidenti disuguaglianze e disparità competitive verso i cittadini meridionali e le imprese del Sud.
Rispetto a tutto questo, una denuncia anche aspra sulle politiche di sviluppo del Mezzogiorno sarebbe inappropriata? Richiamare drasticamente ad un vero cambiamento degli strumenti e degli interventi sarebbe privo di senso? Basta guardare i dati del progressivo declino socioeconomico del Sud per rendersi conto che le politiche finora adottate non sono state efficaci.
La scelta del Presidente Bonomi è stata quella di una denuncia aperta e priva di retorica, rinviando alle analisi e alle proposte puntuali contenute in “Italia 2030-2050”, che sono lì a testimoniare l’interesse primario e l’assoluta importanza del Mezzogiorno per Confindustria, sulle quali tutta la sua squadra di presidenza è impegnata.
Le analisi e le proposte di Confindustria richiamano in maniera esplicita alle loro responsabilità le classi dirigenti, meridionali e nazionali, politiche e amministrative, civili, imprenditoriali e sindacali a impegnarsi al cambiamento, rispetto a sfide ancor più difficili che in passato. Sostenibilità, digitalizzazione e resilienza sono i driver fondamentali che, col supporto essenziale di vere riforme amministrative e organizzative, dovranno definire una nuova, efficace ed efficiente politica di sviluppo del Mezzogiorno.
Le priorità non sono e non possono essere diverse da quelle che – almeno nelle intenzioni, ma non nei risultati – sono state individuate da tempo, ma vanno attuate con nuovi approcci e nuovi strumenti e soprattutto con grande “realismo”.
Non è più possibile assegnare risorse senza avere la certezza che le stesse possano essere utilizzate efficacemente e nei tempi previsti. Se ciò non dovesse risultare possibile occorre intervenire sulle cause reali, perché possano essere utilizzate al meglio e tempestivamente nelle infrastrutture, nella scuola e nella formazione, nell’innovazione, nella rigenerazione urbana e nella riqualificazione e tutela del territorio, nella legalità, nella qualità ambientale, nei servizi pubblici e privati, in particolare in quelli per la mobilità e la logistica. Magari supportando con specifiche task force le amministrazioni meno dotate ed efficienti.
Vanno valorizzate al meglio le risorse endogene che già esistono al Sud e che finora, con molta retorica e scarsa concretezza, sono state poco o affatto sfruttate. Proprio la scelta della Presidenza di Confindustria di dedicare una specifica delega ad un Vice Presidente per l’Economia del Mare non è casuale e mira a richiamare l’attenzione dei decisori politici a costruire progetti integrati di sviluppo industriale e territoriale per tutto il paese e in particolare per il Mezzogiorno, dove la “risorsa mare” abbonda e le attività economiche che essa genera sono già importanti, ma sottodimensionate rispetto alle sue effettive potenzialità, ancor più rilevanti se in grado di cogliere le opportunità della transizione verde e digitale.
Gli strumenti di sostegno alle imprese del Mezzogiorno sono diversi e ciascuno di essi ha offerto positive opportunità alle imprese di investire, di innovare e digitalizzare la produzione, di impiegare nuova manodopera, di trattenere e offrire opportunità ai giovani imprenditori e di crescere alle micro e alle piccole imprese. Che cosa chiede Confindustria? Di stabilizzare nel tempo questi strumenti e dare loro una certezza finanziaria che non sia limitata al solo esercizio corrente di una legge di bilancio, ma su un arco di tempo sufficientemente lungo, che possa consentire a chi, in Italia e dall’estero, progetta di investire, occupare e innovare nel Sud,di poterlo programmare nel tempo.
Certo, la varietà degli strumenti potrebbe essere semplificata e compresa in veri e propri “pacchetti integrati”; l’esempio è quello dei contratti di sviluppo, che pure necessitano di maggiori certezze sulle risorse, ma si può rinunciare agli automatismi degli strumenti esistenti? Può essere una sfida da cogliere, integrare e semplificare l’accesso delle imprese, in particolare delle PMI, per consentire loro di progettare nuovi e più importanti investimenti, aggiungendovi gli obiettivi della transizione verde (conversione energetica) e della resilienza (non solo finanziaria, ma anche insediativa). Perché non discuterne?
Rispetto a queste esigenze, può realisticamente risultare sufficiente un “bonus” come la riduzione del 30% dei contributi previdenziali? L’efficacia di questa misura è stata attentamente valutata? Se la stessa relazione tecnica di questa misura afferma che l’aliquota contributiva media complessiva a carico del datore di lavoro è pari al 31% delle retribuzioni lorde, si tratterebbe di un beneficio medio pari a poco più del 9% di salari e stipendi,da applicare fino fino al 31 dicembre 2020, nell’ambito del Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato della Commissione europea per il Covid.
Confindustria non ha mai espresso un giudizio negativo su questa misura – che però è cosa diversa dalla cosiddetta “fiscalità di vantaggio” –perché ha una solida base nella disciplina europea e ha un senso economico e di sostegno all’effettiva uscita dall’emergenza Covid.
Ma in una prospettiva di medio-lungo termine,nell’ambito di una misura di decontribuzione 2021-2029 ancora da definire,quando potrà effettivamente incidere sui costi delle imprese e sulla loro competitività?
Forse potrebbe risultare di maggiore efficacia agire sulla riduzione del cuneo fiscale e contributivo, intesa come misura di carattere strutturale, che potrebbe trovare una applicazione anticipata con maggiore intensità al Sud, a sostegno della sue più problematiche possibilità di ripresa post-Covid confermate da tutte le analisi disponibili.
Questa proposta,già espressa dal Presidente Bonomi, può essere ritenuta insensata?
La priorità di interventi nel Mezzogiorno necessari per la ripresa e la crescita del Paese non è posta in alcun modo in dubbio da Confindustria. Ma non si può chiedere agli imprenditori di rinunciare ad esprimere critiche rispetto ad una situazione di pluridecennale, progressivo e insopportabile declino.Nella stessa misura e con maggiore forza continueremo ad avanzare puntigliosamente le nostre proposte e le nostre visioni, utili a rilanciare e far crescere questa inestimabile e preziosa risorsa per tutto il paese che è il Mezzogiorno.
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