31 maggio 2020   Articoli

“Mes”, “Bei”, “Sure”, “Recovery Fund”. Dietro le sigle i fondi: usiamoli bene

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto

Abbiamo molto sentito parlare, nei due mesi e mezzo di lockdown, di richieste di fondi all’Unione Europea in nome della solidarietà tra Paesi colpiti tutti dall’emergenza Covid-19. Adesso che i fondi, e in quantità senza precedenti, sono stati messi a disposizione – MES senza condizioni per spese a fini direttamente o indirettamente sanitari, finanziamenti alle imprese della Banca Europea degli Investimenti (BEI), fondo SURE per il sostegno ai redditi dei lavoratori sospesi dal lavoro – o stanno per esserlo - Recovery Fund per investimenti pubblici e sostegno a quelli privati – è ora di indicare gli obiettivi e gli strumenti per utilizzarli.

Il Presidente del Consiglio, nella sua lettera di qualche giorno fa al Corriere della Sera, ha correttamente richiamato alcune linee generali cui ispirarsi: digitalizzazione, consolidamento patrimoniale delle imprese e incentivi all’innovazione, sblocco delle infrastrutture e funzionamento delle pubbliche amministrazioni, lotta al cambiamento climatico, istruzione e ricerca, riduzione dei tempi della giustizia penale e civile, riforma fiscale nel segno dell’equità e dell’efficienza. Sta ora al Governo tradurre queste indicazioni generali in progetti operativi e misure concrete, a cominciare dal decreto legge in materia di semplificazioni, un termine che purtroppo non si può dire abbia caratterizzato i primi tre decreti – “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio” - varati da marzo ad oggi.

Le urgenze per sostenere la ripartenza dell’economia e della società italiana sono molte, ma non è impossibile metterle in ordine. Per cominciare, va definito rapidamente un piano di interventi di rafforzamento delle strutture sanitarie – dispositivi e attrezzature – di cui soprattutto il Mezzogiorno ha estremo bisogno, prima di tutto per mettersi in sicurezza rispetto a eventuali rischi di risorgenza della pandemia e poi per colmare vecchie carenze. E vanno aiutate - realmente e non con procedure del tutto inadeguate come il “click day” - le imprese che, specie nel settore dei servizi, devono sostenere costi rilevanti per ristrutturare i propri ambienti di lavoro a fini di sicurezza sanitaria. Sono tutti obiettivi per i quali il MES mette a disposizione le risorse necessarie.

Il SURE a sua volta va utilizzato non solo per alleggerire il peso sul bilancio italiano del ricorso agli ammortizzatori sociali, inevitabilmente ingigantito dalla crisi, ma anche per impostare politiche di formazione e riqualificazione: per i lavoratori coinvolti nei processi di riallocazione che si prospettano tra i settori produttivi e per i giovani le cui qualifiche non incontrano la domanda di lavoro delle imprese.

Va poi attivata Cassa Depositi e Prestiti affinché affianchi la BEI nel sostegno finanziario alle imprese secondo procedure che saltino le lungaggini che hanno segnato in queste settimane l’erogazione dei crediti. Con un occhio particolare alle PMI meridionali che, più che in altre aree del Paese, si trovano esposte a comportamenti iperprudenziali se non addirittura pigramente burocratici da parte di diverse banche locali.

E c’è infine il Recovery Fund che va utilizzato per fare finalmente i tanti investimenti in infrastrutture, risanamento ambientale, innovazione industriale di cui l’Italia ha da tempo bisogno. Si tratta di investimenti pubblici e di sostegno a investimenti privati che, rafforzando i fondi di coesione, devono svolgere la funzione decisiva di sanare ferite e recuperare ritardi che toccano prima di tutto, anche se non esclusivamente, il Mezzogiorno. Si tratta di mettere a punto e rendere operativi progetti pubblici di ricostruzione infrastrutturale e di risanamento ambientale e di attivare i soggetti, come per esempio CDP e Invitalia, che possono promuovere un nuovo impegno di capacità imprenditoriali e finanziarie private. E serve una svolta nel rapporto tra pubblico e privato all’insegna della fiducia e della voglia di fare: interventi chirurgici su alcuni nodi del Codice degli appalti in modo da sbloccare le procedure, una revisione del sistema dei controlli che rassicuri quanti operano per realizzare i progetti e non per frenarli.

Abbiamo chiesto e ottenuto solidarietà in Europa, ora dobbiamo presentarci con le carte in regola ossia con programmi e misure in grado di riportare l’Italia al ruolo di grande Paese fondatore che contribuisce allo sviluppo nella stabilità di tutta l’Unione. Abbiamo una grande occasione, non possiamo sprecarla con un uso assistenzialistico delle risorse: lo chiede la grande maggioranza degli italiani che si guadagnano da vivere, o vorrebbero poterlo fare, col proprio lavoro e sanno bene che i conti devono tornare e che i “numeri” sono una cosa molto seria.

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