23 maggio 2023   Articoli

Autonomia, il pasticcio dei Lep

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto

Quando, nella sua nota, il Servizio bilancio del Senato pone il problema delle incoerenze che potrebbero sorgere nel processo di definizione e finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) come delineato dal disegno di legge Calderoli, tocca un punto dolente che non può essere liquidato come critica aprioristica all’autonomia differenziata. 

Due le principali incoerenze che possono derivare dal testo attuale. La prima è quella messa in luce dagli uffici del Senato: una volta definiti i Lep da assicurare in tutte le Regioni e una volta stabilita l’aliquota di compartecipazione ai tributi statali necessaria al loro finanziamento nella Regione che richiede il trasferimento delle funzioni, c’è il rischio concreto che, se il gettito del tributo in quella Regione aumenta al di là di quanto necessario a finanziarvi i Lep, il mancato afflusso del differenziale al bilancio dello Stato faccia mancare le risorse per il finanziamento dei Lep nelle altre Regioni. 

La seconda incoerenza, rilevata da altri interventi nel dibattito (Astrid) è, se possibile, ancor più generale: prima di poter procedere con il trasferimento di funzioni alle Regioni che ne fanno richiesta, bisogna aver definito i Lep non solo per le funzioni oggetto di trasferimento ma per tutte le funzioni concernenti - come recita l’art. 117 della Costituzione - “i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; così come ne devono essere definite le fonti di finanziamento per tutte le Regioni e le modalità di governo futuro nel quadro delle compatibilità complessive di finanza pubblica. 

Se non si procede in questo modo, ma ci si limita a stabilire i Lep per le funzioni di cui si chiede il trasferimento in nome dell’autonomia differenziata, diventa molto probabile che restino senza risorse sufficienti gli altri Lep, quelli cioè che verranno definiti in un secondo momento.

In sintesi, solo definendo - coerentemente con le compatibilità di bilancio – tutti i Lep per tutte le Regioni prima di procedere alle intese con alcune di esse sull’autonomia differenziata, si può evitare di compromettere le risorse a disposizione delle altre Regioni e dell’insieme dei Lep. In caso contrario, il procedimento di attuazione dell’autonomia entrerebbe nei fatti in contrasto con il principio costituzionale di coordinamento della finanza pubblica e con il compito dello Stato di assicurare, a norma dell’art. 119, la perequazione delle risorse a favore dei territori con minore capacità fiscale. Una lettura dell’impianto costituzionale cui non a caso fa appello correttamente la nota varata dall’ANCI, l’Associazione dei Comuni italiani. 

Ma non è solo il modo in cui il disegno di legge imposta la questione dei Lep e del loro finanziamento a comportare una perdita di coerenza della politica economica nazionale. Come rilevato anche questo nel dibattito (Fondazione Merita), più preoccupante ancora è la possibilità che - se il progetto di autonomia differenziata dovesse andare avanti come al momento si sta configurando - venga attribuita a livello regionale la competenza esclusiva in materie come le infrastrutture di interesse nazionale nei campi dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, o come il sistema scolastico e la ricerca scientifica e tecnologica. 

Significherebbe nei fatti introdurre un fattore di blocco nella realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e non solo al Sud ma in tutto il Paese: una simile attribuzione di competenze esclusive alle Regioni comprometterebbe il tentativo - che il Governo stesso ha avviato con il recente decreto Fitto - di costruire una governance più efficace attraverso il rafforzamento della funzione di coordinamento centrale dell’attuazione del PNRR e di verifica dell’impiego effettivo del Fondo sviluppo e coesione da parte delle Regioni. E il successo del PNRR – e delle politiche di coesione - è vitale per l’Italia e per il suo futuro.

Se le cose stanno così, due le conseguenze da trarre riguardo al disegno di legge in discussione, senza nulla togliere naturalmente ad altre rilevanti critiche evidenziate da più parti. Prima di tutto, occorre introdurre una norma che, almeno in prima attuazione, delimiti le materie oggetto di possibile autonomia differenziata, escludendo tutte quelle – infrastrutture nazionali, scuola, ricerca – che hanno rilievo diretto per l’attuazione del PNRR. In secondo luogo, disporre che per poter procedere alle intese con singole Regioni debbano essere stati prima definiti i LEP per tutte le materie che coinvolgono diritti civili e sociali, non solo per le funzioni trasferibili, e le relative fonti di finanziamento per tutte le Regioni, in modo da garantire nel tempo il rispetto delle compatibilità complessive di finanza pubblica.

In prospettiva, andrà affrontato il problema di una diversa formulazione del Titolo V rispetto a quella del 2001, superando le potestà legislative concorrenti, fonte di contenziosi e diritti di veto che bloccano il Paese, riconducendo allo Stato le funzioni necessarie a garantire la coerenza delle politiche nazionali e la coesione sociale e territoriale e impostando un assetto dei rapporti Stato-Regioni-Autonomie locali volto a ritrovare finalmente efficienza, efficacia e responsabilità delle scelte a tutti i livelli di governo.

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