Non perde solo il Sud
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
La proposta di Legge sulla autonomia differenziata è approdata alla Camera ed è partito il braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia sui tempi della sua approvazione. La Lega ovviamente vorrebbe approvarla prima delle europee. Anche alla Camera stiamo vedendo una successione di audizioni di esperti, in maggioranza assoluta contrarie alla norma con diverse motivazioni, ma soprattutto incentrate sul tema delle distribuzioni territoriali di risorse, con la solita presunzione di ‘furto’ al sud.
Come hanno chiarito vari articoli dei massimi esperti in tema di finanza locale però la nuova versione della Legge non pone tanto il problema di uno sfruttamento dell’autonomia ai fini dell’aumento di risorse per le regioni richiedenti, per quanto le modalità di determinazione annuale del trasferimento (una finta compartecipazione) con commissione bilaterale. Non si tratta quindi della conclamata ‘secessione dei ricchi’ anche perché di ricchi non ce sono più, le regioni più ricche d’Italia, che 30 anni fa erano le più avanzate d’Europa, oggi sono nella media della UE per PIL e produttività. Floriana Cerniglia dell’Università Cattolica di Milano sul Sole 24ore ha addirittura ipotizzato che le regioni richiedenti potrebbero anche accettare tagli di trasferimento, pur di ottenere le risorse e competenze da gestire in casa. Quello che conta per le classi dirigenti regionali è gestirle con discrezionalità e con i propri obiettivi. Con il vantaggio (per loro) addizionale del federalismo all’italiana, quello dell’irresponsabilità reciproca tra Stato e Regioni.
Lo Stato trasferisce alle Regioni risorse sempre decrescenti su capitoli di spesa per servizi, perché in sede di Legge di Bilancio non ha senso politico spendere risorse discrezionali su capitoli gestiti da governatori, magari dell’opposto versante politico. Le Regioni possono sempre imputare l’insufficienza dei servizi all’insufficienza dei trasferimenti, e di volta in volta allo ‘scippo’ delle regioni ricche o delle regioni povere, alimentando l’egoismo territoriale in tutto il paese. In questa dinamica lentamente il paese dei bonus fiscali e degli scivoli pensionistici scivola nel terzo mondo nella fornitura dei servizi che lo reggono, sanità e anche istruzione. L’autonomia, il falso federalismo all’italiana, non può che peggiorare questa dinamica ed è per questo (o meglio, questo è uno dei motivi) che è importante informare i cittadini di tutto il paese di quanto rischiamo a perseguire questa strada. L’autonomia non può che diminuire ancora i servizi (anche per la necessità di finanziare strutture amministrative addizionali con le stesse risorse) per i cittadini del nord. C’è poi la questione delle competenze per le quali il decentramento è totalmente irrazionale, come i rapporti con l’Unione Europea o le grandi reti infrastrutturali, per le quali c’è solo da augurarsi che il recupero di un barlume di razionalità induca il Presidente del Consiglio a rifiutare il trasferimento di competenze, come richiesto dalla Legge.
La questione che si deve ora affrontare è come opporsi. Non ho la presunzione di essere in grado di impostare una strategia politica adeguata, ma so cosa potrebbe essere disastroso. La folla radunata a Bari alla manifestazione contro l’autonomia due mesi fa ha scandito la parola d’ordine magica: contro la secessione dei ricchi, ’referendum’! Immaginiamo ora di arrivare al referendum con una campagna imperniata sulle opposte retoriche della secessione dei ricchi da un lato e del chiagni e fotti dall’altra. La spaccatura del paese sarebbe insanabile, travolgerebbe le forze moderate ed unitarie da una parte e dall’altra e alimenterebbe l’astio territoriale. A guadagnarci sarebbero gli estremisti di ogni parte (alcune frange del leghismo del sud e del nord). Si tratta in particolare di una occasione ghiotta per chi prepara un partito a base territoriale nel Mezzogiorno. Chiunque vinca, con un paese territorialmente spaccato a metà, a perdere sarebbe l’Italia e chi ancora crede a un paese unitario. Per questo sarebbe bene che il dibattito, soprattutto al nord ma non solo, fosse impostato sugli svantaggi generali dell’autonomia piuttosto che sulle questioni territoriali e che le forze unitarie si facciano carico di questa impostazione per il loro ed il nostro bene.
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