Più risorse per creare degli ecosistemi dell'innovazione al Sud
Giovanni Barbieri e Floriana Cerniglia - Il Sole24 Ore
Con il via libera della Commissione si avvia in Italia una nuova fase di investimenti pubblici che si innestato sulle sei missioni (Digitalizzazione; transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; salute) che ambiscono a risolvere tre colli di bottiglia, presenti da decenni in Italia e che il PRNN chiama priorità trasversali: donne, giovani e Mezzogiorno.
Già prima della pandemia, in Italia, soltanto una donna su due lavorava e il tasso di disoccupazione giovanile era del 28,9%. Nel Mezzogiorno, solo una donna su tre e il tasso di disoccupazione giovanile era del 45,5%.
Ed è proprio al Mezzogiorno che bisognerà quindi dedicare maggiore attenzione nei prossimi mesi poiché abbraccia drammaticamente le altre due questioni: donne e giovani. La ripartizione dei fondi del PNRR destinata al Sud sembra essere soddisfacente: circa il 40 per cento. Ma bastano tali risorse stanziate a chiudere la partita?
Anzitutto, il PNRR elenca una serie di macro-aree di intervento anche a completamento di progetti specifici, già avviati nel passato recente. Questo non porterà necessariamente alla realizzazione ex-novo di infrastrutture materiali e immateriali e il risultato sarà anche molto legato alla capacità di progettazione delle singole amministrazioni locali in base ai bandi che di volta in volta verranno emanati. Il Mezzogiorno potrebbe essere penalizzato, stante la condizione di ben nota minore capacità delle amministrazioni meridionali di prendere parte ai bandi di progettazione. E’ per questo motivo che il Governo, in questi giorni, sta studiando una norma per mettere al sicuro la quota del 40% per il Mezzogiorno. Ma non è solo una questione di quante risorse.
Se si vuole intervenire sulle cause prime del ritardo del Sud e avviare un percorso di crescita robusto, autonomo e duraturo si tratta innanzitutto di ricostruire un tessuto socio-economico che necessita soprattutto di risorse umane e tecnologiche. In questo senso, ci pare, nel PNRR si sottovaluta l’importanza della ricerca scientifica per il Mezzogiorno e in particolare delle infrastrutture di ricerca. Ma sono soprattutto queste che offrono risorse e servizi alla comunità scientifica, mettendo a disposizione infrastrutture di rete condivise, archivi digitali o raccolte digitali di dati scientifici, attrezzature o strumenti di primaria importanza. Il loro scopo è quello di ridurre la frammentazione degli ecosistemi di innovazione e ricerca, di evitare la duplicazione degli sforzi e, in definitiva, di integrare maggiormente gli sforzi della ricerca scientifica nell’ottica dell’innovazione per favorire l’integrazione con il mondo dell’industria che, da esse, può trarre importanti benefici in termini di sviluppo di tecnologie innovative e competitive.
Il PNRR, alla Missione 4 (Istruzione e Ricerca) stanzia circa 30,88 miliardi di euro, di cui 11,4 destinati alla componente 2: dalla ricerca all’impresa. Tra le priorità trasversali di questa missione figurano la parità di genere e l’attenzione all’istruzione dei giovani nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica). Tra i progetti di investimento di questa componente 2, 1,6 miliardi potrebbero andare a finanziare lo sviluppo delle Infrastrutture di ricerca (identificativo della misura M4C214) selezionate con procedure competitive che premieranno maggiormente la creazione di partnership pubblico-privato.
Esiste un alto rischio che il Mezzogiorno non sarà in grado di “catturare” queste infrastrutture di ricerca. Questa appare come una criticità non lieve, laddove si consideri che proprio le Infrastrutture di Ricerca Nazionali (IR-N secondo la tassonomia individuata dal Programma Nazionale della Ricerca) sono quelle che hanno le migliori e maggiori ricadute economiche nel territorio in termini di impatto sulla formazione di capitale umano, sul trasferimento tecnologico a beneficio del sistema produttivo locale.
Oggi, su 81 IR localizzate in Italia, solo 17 si trovano al Sud. È necessario dedicare al Mezzogiorno risorse anche per l’investimento nella ricerca - teorica ed applicata - nell’ottica di favorire la nascita di ecosistemi dell’innovazione sempre più avanzati e in grado di stimolare processi di crescita ‘endogena’ sia a livello socio-economico sia industriale, pur mantenendo il meccanismo dei bandi competitivi.
Si tratterebbe di dare anche in questo modo un ulteriore impulso alle discipline STEM nel Mezzogiorno con la conseguente creazione di capacità e competenze tecno-scientifiche avanzate la cui mancanza (e, spesso, l’emigrazione) continua a condannare il Mezzogiorno ad una condizione di desertificazione economica e non solo. Un ulteriore punto poi (ma che tocca anche le infrastrutture di altre missioni) riguarda il futuro del loro finanziamento oltre il 2026.
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