Come fare ripartire il Mezzogiorno ad Alta velocità
Ennio Cascetta - Il Mattino
La sfida del presidente incaricato Mario Draghi per la ripresa post Covid è particolarmente complessa. Si tratta di conciliare obiettivi talvolta confliggenti, di attuare riforme strutturali insieme a politiche di risposta alla pandemia qui ed ora.
Di seguito alcune brevi riflessioni su trasporti e logistica, settori decisivi per tutte le istanze: sviluppo, equità, sostenibilità e resilienza.
Un primo tema riguarda gli investimenti. L’Italia ha un acclarato ritardo infrastrutturale nel settore dei trasporti. E’ evidente che le risorse del Recovery possono essere utilizzate solo per completare progetti in corso entro il 2026, ma saranno tanto più accettate dalla UE quanto più sapremo dimostrare che le risorse “risparmiate” saranno reinvestite per completare un piano nazionale ben definito accompagnato dalle riforme necessarie per accelerarne il completamento (approvazione dei progetti e appalto dei lavori). Bisogna invece resistere ad visione sbagliata del Recovery che pure è presente in molte proposte fatte in questi mesi: la corsa a una sorta di shopping list in salsa europea di cui non abbiamo nessun bisogno.
Il tema del ritardo infrastrutturale e di accessibilità è particolarmente decisivo per la ripresa del Sud. C’è da sempre una “questione meridionale dell’accessibilità”. Basti pensare che la A2 Salerno Reggio Calabria è stata (quasi) completata solo 4 anni fa, che gli effetti sistemici dell’Alta Velocità si fermano a Salerno, che la accessibilità al Mezzogiorno è (era?) prevalentemente garantita dai servizi aerei low cost, che le strade e le autostrade meridionali sono quasi tutte in condizioni manutentive vergognose. Alcune grandi infrastrutture sono in corso di realizzazione, finalmente. Un esempio per tutti la nuova linea di Alta Velocità di Rete ( AVR) Napoli Bari, ma non basta. Un discorso a parte merita il collegamento stabile dello stretto di Messina. In questo caso non solo non c’è un progetto (quello del ponte a campata unica andrebbe comunque rivisto) ma non si è ancora deciso se e come realizzarlo. A mio avviso la domanda giusta non è se realizzarlo, ma piuttosto come mai non si è ancora fatto. Non c’è un altro Paese al mondo in cui un’isola con cinque milioni di abitanti a soli tre chilometri dalla terraferma non sia stata collegata in modo stabile. La Sicilia è a soli tre chilometri dalla Calabria, ma i tempi e i costi di attraversamento del canale equivalgono ad un percorso in auto di oltre 100 km! Il traffico di viaggiatori e merci che attraversa lo stretto oggi è maggiore di quello che attraversa il tunnel del Frejus o del Monte Bianco (ben più costosi e per fortuna realizzati da 50 anni).
E’ necessario compensare almeno in parte la carenza di infrastrutture con un sistema virtuoso di incentivi che stimoli il mercato sia dal lato della domanda (persone e merci) sia dal lato dell’offerta (imprese aeree e ferroviarie). E’ stato il caso del ferrobonus per le merci. Andrebbe attivato da subito un AVbonus, un contributo da assegnare a gara per attivare collegamenti con caratteristiche AV (treni, frequenza, prezzi) sulle linee storiche che saranno sostituite dalle nuove linee AVR .
Un altro tema rilevante per la ripresa economica del Paese è quello della (ri)scoperta della logistica e rendere questo settore industriale più competitivo. Durante il lockdown abbiamo capito perché la logistica è importante. Se si fosse fermato l’approvvigionamento delle merci essenziali come cibo e medicine in cinque giorni si sarebbero esaurite le scorte e sarebbe stata carestia. Occorre dunque un programma di politica industriale che rafforzi le imprese logistiche italiane e riduca la nostra eccessiva dipendenza da imprese estere.
Per garantire la resilienza del sistema dei trasporti senza rinunciare alla efficienza ci sono due strade: tornare alla pubblicizzazione delle imprese (strada che ci farebbe perdere gli effetti positivi delle liberalizzazioni, vedi trasporto aereo e Alta Velocità) o tutelare le imprese che operano nel mercato o per il mercato (titolari di concessioni pubbliche) da crisi imprevedibili, ad esempio creando un fondo “di resilienza”. Le proposte di nazionalizzazione di Autostrade e Alitalia non vanno in questa direzione.
E a questo proposito concludo con una riforma a mio avviso non più rinviabile: quella del trasporto pubblico locale. La crisi del Covid ha mostrato in modo inequivocabile sia i ritardi di questo settore che la sua importanza fondamentale per la vita e la sostenibilità delle città. Le risorse del Recovery possono essere utilizzare per risanare e rilanciare il settore solo a condizione che si mettano a gara contratti di servizio e contributi pubblici, attuando una riforma rinviata da oltre 20 anni.
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