07 maggio 2021   Convegni

Semplificare per l'ambiente - Come realizzare la transizione verde del PNRR

Webinar lunedì 17 maggio con il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani

Lunedì 17 maggio si è svolto l'appuntamento organizzato da Merita con Matching Energies Foundation dal titolo "Semplificare per l'ambiente - Come realizzare la transizione verde del PNRR". Sono stati con noi: Roberto Cingolani - Ministro della Transizione Ecologica, Chiara Braga - Commissione Ambiente della Camera, Maria Alessandra Gallone - Commissione Ambiente del Senato, Carlo Tamburi - Direttore Italia Enel, Massimo Derchi - Presidente Snam Rete Gas, Giacomo Donnini - Direttore Sviluppo e progetti speciali Terna, Pier Lorenzo Dell’Orco - AD Italgas Reti, Giuseppe Coco - Università di Firenze e di Bari, Socio promotore di Merita, Marco Zigon - Presidente di Matching Energies Foundation, Claudio De Vincenti - Presidente onorario di Merita. Ha condotto il convegno Alfonso Ruffo - Direttore editoriale di Economy.

 

Semplificare per l’ambiente

Come realizzare la transizione verde del PNRR

(17 maggio 2021)

Premessa

I considerevoli miglioramenti di efficienza delle fonti elettriche rinnovabili (FER) negli ultimi anni rendono tecnicamente possibile una forte espansione del loro ruolo nel sistema energetico. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima varato nel dicembre 2019, a fronte di una quota delle rinnovabili sui consumi di energia elettrica pari al 34% circa nel 2017 e su quelli complessivi di energia sopra il 20% nel 2020 per effetto della recessione, prevede incrementi di queste quote a politiche invariate nell’ordine solo del 2-3% nel decennio successivo. C’è bisogno quindi di una forte accelerazione: per conseguire gli obiettivi riguardo al mix di fonti energetiche indicati dal Green Deal per il 2030 (superiori a quelli del PNIEC 2019) in termini di quota delle rinnovabili (40% del consumo finale di energia e 70% sui consumi elettrici) e di utilizzo del gas naturale (49 MTep), è necessario un forte investimento per installare almeno altre 40 GWh di capacità da FER e per potenziare le reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e le reti di trasporto del gas. E’ urgente quindi un cambio di direzione, identificando strategie da perseguire e vincoli da rimuovere. 

I limiti alla crescita si manifestano ormai nei problemi tecnici posti dalla discontinuità e imperfetta conservabilità dell’energia da rinnovabili e soprattutto nella complessità regolamentari e nell’atteggiamento ormai prevalentemente conservativo delle amministrazioni titolari delle autorizzazioni alle installazioni. I limiti tecnici sono, in parte, superabili attraverso attenti e consistenti investimenti in reti intelligenti, batterie e pompaggi. Ciò richiede pianificazione e investimenti di dimensione notevole anche nelle infrastruttture, oltre che negli impianti. E’ necessario un potenziamento rilevante della capacità e flessibilità della rete nel settore elettrico e il potenziamento e rinnovo di settori importanti della rete gas. Un discorso particolare merita poi lo sviluppo di accumuli che, pur configurandosi come infrastrutture, di fatto interagiscono con la produzione e rendono l’utilizzo di capacità produttiva più efficiente e quindi per questa via sono anche parzialmente sostitutivi di nuova capacità. Anche in questo caso i nodi fondamentali passano per la rimozione dei vincoli inessenziali alla installazione di capacità e infrastrutture stesse.

Anche gli sviluppi su nuovi combustibili non fossili e sull’idrogeno quale vettore energetico richiederanno necessariamente investimenti in impianti e reti e lo sviluppo di capacità da FER. I processi di sintesi dell’idrogeno, l’elettrolisi in particolare, infatti necessitano di elevati quantitativi di energia e non generano emissioni a condizione che essa sia di fonte rinnovabile. 

Un consistente contributo alla de-carbonizzazione può arrivare poi dalla conversione di centrali termoelettriche a carbone in centrali a gas naturale, un processo avviato con convinzione su alcune grosse centrali anche nel Mezzogiorno (Brindisi). Anche in questo caso però, nonostante i chiari benefici ambientali, gli iter autorizzativi si rivelano densi di insidie e di una lentezza esasperante.

Sono temi che riguardano in particolare il Mezzogiorno, dove lo stato delle infrastrutture energetiche è segnato da uno storico ritardo nei confronti del Centro-Nord in termini di quantità e qualità, sebbene un progressivo ma lento sforzo di adeguamento delle reti sia proseguito nel tempo. Allo stesso tempo le potenzialità di sviluppo delle FER nel Mezzogiorno sono chiaramente superiori per dotazioni naturali di sole e vento e, per lo stesso motivo, lo sviluppo di capacità produttiva di idrogeno non potrà che collocarsi prevalentemente nel Mezzogiorno. Ragion per cui è importante che le principali aziende nazionali sviluppino progetti sperimentali di produzione ed utilizzo localizzato nelle regioni meridionali. Come pure particolarmente rilevante, per la sua posizione geografica nel Mediterraneo, il ruolo del Mezzogiorno come hub per l’importazione e la distribuzione del gas naturale in Italia e in Europa.

Alcune scelte di fondo

La nostra capacità di rispettare gli obiettivi di de-carbonizzazione, in particolare alla luce dei nuovi e rafforzati obiettivi comunitari, e del PNRR, passa necessariamente per una consistente modifica del quadro regolatorio. Le procedure esistenti e il modificato atteggiamento delle amministrazioni responsabili delle autorizzazioni, sia per capacità produttiva sia per infrastrutture a tutti i livelli, dai grandi impianti fino alla installazione delle colonnine di ricarica, rendono impossibile il rispetto dei target. Un nuovo approccio appare necessario e urgente per conseguire gli obiettivi di neutralità climatica posti dal Green Deal europeo.

  1. Ridefinire il quadro normativo equiparando a opere di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, gli impianti di produzione da FER, le infrastrutture di accumulo e di distribuzione elettrica nonché gli impianti e le reti di trasporto del gas naturale, necessari a raggiungere i target di de-carbonizzazione fissati nel PNIEC e negli obiettivi comunitari. 
  2. Modificare il rapporto con le Regioni e gli enti titolari di facoltà autorizzatorie limitando in maniera drastica la discrezionalità nelle valutazioni delle amministrazioni, in particolare nei casi certificati nei quali le opere per cui si richiede l’autorizzazione portino a una diminuzione significativa delle emissioni in assenza di un significativo aumento della invasività degli impianti. 
  3. Facilitare il raggiungimento dei target nazionali con una programmazione – accompagnata anche da eventuali incentivi - della nuova capacità necessaria e delle correlate necessità infrastrutturali che identifichi i siti che siano possibili ricettori di investimenti, in forza delle loro caratteristiche di posizione, dotazioni fisiche e caratteristiche climatiche, in maniera tale da massimizzarne l’effetto di efficienza sul sistema energetico. 
  4. Proseguire sulla strada della riduzione dei termini per la conclusione delle procedure, avviata in parte col decreto Semplificazioni ma ancora largamente ignorata dalle amministrazioni competenti, dando attuazione alle previsioni normative ivi contenute. In particolare, varando il decreto ministeriale che definisce le condizioni sotto cui gli impianti FER possono essere rinnovati e sostituiti con modalità semplificate, con una definizione più ampia possibile delle fattispecie ricadenti nella norma in modo da evitare incertezze, lungaggini e discrezionalità. 
  5. Operare una semplificazione drastica delle procedure nei casi di modifiche meno rilevanti agli impianti rispetto a progetti già autorizzati o in procedura di autorizzazione: i ritardi amministrativi infatti interagiscono con la velocità del progresso tecnologico, moltiplicando i costi del non fare, cosicché ad autorizzazione raggiunta molti progetti sono superati e ricominciare l’iter autorizzativo è improponibile. 
  6. Affermare una cultura amministrativa basata sul “fare” opposto al “bloccare”: rafforzare le strutture di valutazione e autorizzazione anche nell’ottica della creazione di strutture ad hoc che abbiano la missione specifica di valutare le opere assicurando l’attuazione del PNIEC e del PNRR, secondo una reale cultura ambientalista, basata cioè sulla valutazione e sull’aggiornamento tecnologico e non su basi ideologiche; far valere all’interno delle Conferenze di servizi le responsabilità istituzionali e collettive, ad esempio proibendo alle amministrazioni la corresponsione di qualunque indennità di risultato ai dirigenti che non abbiano prodotto pareri e emanato provvedimenti di loro competenza, almeno nell’ambito di opere considerate di pubblica utilità, entro i termini di legge.
  7. Una importante, ulteriore, semplificazione della VIA e delle procedure di autorizzazione deve riguardare, per tutte le tipologie di impianto e infrastrutture, le cosiddette aree degradate e le aree industriali dismesse, che di fatto verrebbero recuperate a un uso migliore con significativi vantaggi anche dei territori interessati. 

Per concludere

La complessa articolazione delle competenze e la cultura del non fare che ha informato la prassi delle amministrazioni è oggi incompatibile col nostro progresso e con il raggiungimento di obiettivi in campo ambientale. In molti casi, come quello delle conversioni delle centrali a carbone in centrali a gas naturale, i ritardi danneggiano gravemente gli stessi cittadini delle aree interessate, ignari dei costi della inerzia. Per una volta progresso economico e tutela dell’ambiente non solo non richiedono azioni incompatibili ma sono perfettamente coerenti. Si tratta di adottare la vera cultura ambientale.

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